La Rollei e l’esposizione
Gli
apparecchi più recenti sono in grado, almeno secondo le promesse,
del costruttore, di regolare l’esposizione con riferimento non
solo alla zona centrale o alla prevalenza della stessa, ma anche
in relazione alle varie zone del quadro, avuto riguardo alla loro
differente illuminazione. E i più sofisticati corredano tale
capacità di tener conto di un gran numero di elementi con la
funzione di bracketing automatico, ovvero con la possibilità di
scattare di seguito 3 o 5 fotogrammi, sovra o sottoesposti di
mezzo, uno o magari due stop rispetto al dato che lo strumento
indica, in modo da consentire la scelta del risultato migliore.
E così l’automatismo smentisce se stesso,
trasformandosi in un procedimento per tentativi.
Invero, a parte i casi di doppia esposizione voluta
come tale, ciascun fotogramma viene esposto una sola volta, con
una ben individuata coppia tempo – diaframma.
Tralascio volutamente l’ipotesi di riprese
effettuate in studio, ove è necessario dosare l’apporto delle
varie sorgenti luminose e quindi stabilire l’effetto di ciascuna,
in relazione alle caratteristiche del soggetto. In tal caso si
devono impiegare strumenti in grado di indicare l’esposizione
necessaria per ciascuna porzione significativa e ciò non tanto
per regolare la coppia tempo diaframma ma piuttosto per
intervenire sulla fonte di luce.
Mi occupo invece delle riprese a luce naturale,
assistita al più da un lampo di schiarita o da un pannello
riflettente.
Si ha esposizione corretta quando la coppia
tempo/diaframma è tale che la pellicola viene raggiunta da una
quantità di luce idonea, in relazione alla sensibilità del
supporto, a realizzare lo scopo di rendere leggibili sia le zone
più chiare che quelle più scure (o di chiudere le une o bruciare
le altre, secondo la scelta dell’operatore).
Si deve anzitutto verificare se il soggetto
presenta parti troppo chiare o troppo scure, tali da eccedere la
latitudine di posa della pellicola, valutare se un lampo di
schiarita o un pannello opportunamente sistemato possono dare un
po’ più di illuminazione là dove serve, stabilire se la presenza
delle zone estreme è necessaria ai fini compositivi.
Questa ricerca è enormemente facilitata dalla
presenza del grande schermo che caratterizza le biottica (ed anche
le varie reflex di medio formato a pozzetto, pur se dotate di un
solo obiettivo). La verifica ad occhio libero è infatti meno
efficace o quanto meno richiede un maggiore addestramento poiché
l'operatore è inconsciamente portato a guardare in modo selettivo
le varie zone e la capacità dell’iride di fungere come
insuperabile diaframma automatico tende a smorzare le differenze.
La visione attraverso il mirino galileiano o il pentaprisma
incontra gli stessi limiti poiché i vari particolari sono visti
nello spazio e non su un piano.
Lo schermo della Rollei offre invece un quadro
d’insieme sul quale è agevole cogliere le differenze di
illuminazione e compiere anzitutto un’operazione di aggiustamento
e verifica circa la necessità di inserire quella porzione in ombra
o quel cielo senza traccia di nuvola.
E poiché la regola prima è quella della semplicità,
spesso si constata che basta spostarsi un poco per contenere la
zona d’ombra estrema o di cielo luminosissimo in un angolo del
quadro, ove un nero pieno o un bianco assoluto possono riuscire
più accettabili o magari significativi. Potrete così valutare
anche l’effetto di un filtro polarizzatore, di un filtro
degradante o semplicemente considerare l’opportunità di inserire
un filtro ultravioletto.
Ma la prima esigenza è individuare la coppia tempo
diaframma che consenta di raggiungere il miglior compromesso.
Le Rollei sono state dotate di esposimetro con
fotocellula al selenio a partire dall’Automat C, nell’anno 1956;
tale accessorio si pagava a parte, e caro; i modelli meno costosi
non ne sono mai stati dotati; le fotocellule tendono ad esaurirsi
col passare del tempo, anche se diversi apparecchi in mio possesso continuano a dare risultati
ampiamente attendibili e forniscono in pratica le stesse
indicazioni di un modernissimo VC Meter Voigtlander e
di una Bessa Cosina o Leica M6 con lettura TTL .
Analoghi
risultati ottengo da un
Rolleilux
fortunosamente acquistato in blocco
assieme ad altro materiale.
I modelli attualmente in produzione, cui è
riservato apposito capitolo, danno la lettura TTL a prevalenza
nella zona centrale. È così possibile verificare sullo schermo il
posizionamento della porzione che ci interessa nella zona centrale
e leggere il dato relativo.
La lettura esposimetrica serve di
regola a verificare quanto l’operatore ha stimato sulla base della
propria esperienza ed effettuare un aggiustamento: si deve essere
in grado di scattare, sia pur con qualche tollerabile errore,
anche in mancanza di strumenti.
Soccorre
la regola così detta del 16 che, se applicata con
attenzione e con granello di sale , consente di imbroccare il 95%
delle immagini su negativo e un 75% di quelle su diapositiva (che,
come è noto è meno tollerante di fronte ad errori di esposizione).
In condizioni di sole brillante, con soggetto di tonalità non
troppo chiara o non troppo scura, nelle ore centrali della
giornata e da marzo a ottobre, è sufficiente regolare il diaframma
a 16 e lo scatto ad una velocità pari al numero che
contraddistingue la sensibilità della pellicola secondo la scala
ASA.
La coppia tempo - diaframma sarà
ovviamente scelta in funzione dell’esigenza di privilegiare la
profondità di campo o la rapidità di scatto ed anche del risultato
che si vuol raggiungere, ma questo è un discorso che esula
dall’argomento trattato in questo capitolo.
L’operatore apporterà poi le correzioni in più o in
meno, tenuto conto dell’idoneità del oggetto a riflettere la luce
(una distesa di neve non potrà certo essere “esposta” come un
bosco di querce), della distanza dal mezzogiorno, del calare delle
prime ombre. E in qualche caso dovrà decidere se è meglio posare
per le ombre, anche se ciò può far “bruciare” le luci, oppure
posare per le luci e ridurre le ombre a zone nere quasi prive di
particolari.
Non so quando la regola del 16 sia stata formulata
per la prima volta, pur se è evidente che essa presuppone l’uso
della scala ASA.
Ho potuto constatare che la tabella di esposizione
a tergo della mia Automat 1939, ove si utilizza la scala DIN,
fornisce gli stessi risultati, pur se il calcolo non è così
semplice. Per un soggetto sito in spiaggia o in alta montagna
viene infatti indicata, con pellicola della sensibilità di 18° DIN
(ovvero 50 ASA), allora considerata come di uso normale, la coppia
16 – 1/50. Vengono poi suggeriti gli opportuni aggiustamenti. Se
cliccate
potete vedere la tabella ingrandita e constatare come la pelle del
rivestimento si sia conservata perfettamente, malgrado gli oltre
60 anni e una vita non certo .. morigerata.
Nell’Automat dell’anno 1949 è invece utilizzata la
scala ASA, con risultati equivalenti e così pure nella Rolleicord
IV. Al solito, con un
clic
potete vedere l'immagine ingrandita.
Potete anche voi regolarvi in questo modo,
ricordando che, nei casi dubbi, almeno con pellicola negativa a
colori, è meglio aumentare l’esposizione piuttosto che ridurla.
Ma non fermatevi alla prima opzione. Non dico di
fare normalmente un bracketing, possibile anche con una Rollei ma
certo più costoso: sfruttate piuttosto la possibilità che vi offre
il luminoso schermo di visione per valutare il soggetto, scegliere
l’angolazione migliore, attendere che il passare delle ore o anche
dei minuti modifichi l’illuminazione: l’attimo che fugge va
fermato quando è più bello e il suo divenire può essere visto e
goduto anche all’interno del pozzetto.
OoOoOoO
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