Non di rado rileggo, al fine di rendere più
gradevoli le lunghe ore che passo in treno per ragioni di lavoro, libri
che già avevo consultato, letto o anche studiato mezzo secolo o almeno
trenta - quarant'anni prima.
E' un privilegio
dell'età che mi induce a rivivere, con lo spirito di chi ha iniziato
da tempo a percorrere in discesa la parabola della vita,
stati d'animo consegnati alla memoria ed anche a constatare
quanto il mondo è andato avanti nella disponibilità di nuovi strumenti e
di nuove conoscenze.
Fra le mie letture di
rolleista poco più che ventenne ricordavo il Manuale Rollei di O.F.
Ghedina, acquistato presso la stessa libreria che mi forniva i testi
universitari, letto e riletto con avidità e smarrito in occasione
di un trasloco.
Più volte ho cercato
invano di recuperarne una copia; di recente ho avuto un colpo di fortuna e ne ho trovato un esemplare, con
la copertina ingiallita dalla prolungata esposizione su
qualche bancarella ma perfettamente integro.
Ho quasi ultimato la
rilettura, con duplice soddisfazione, per la vivacità del testo e la
dovizia di argomenti e anche per la constatazione che la memoria
regge ancora e i miei ricordi sul contenuto erano esatti.
Ho gustato anzitutto una scherzosa ma acuta classificazione degli utenti
rollei, indicati come rolleikisti, parola questa che evito di
utilizzare ancora poiché preferisco fare a meno di quella "k".
Nella stragrande
maggioranza, i "rolleikisti", osserva Ghedina, fanno i dilettanti, il
loro scopo è di fare fotografie che devono piacere a loro piuttosto che alle
giurie e poiché vogliono fare fotografie belle usano la Rollei.
Vi sono poi i trenta -
quarantisti, che fanno fotografie unicamente per le mostre; la maggior
parte delle fotografie esposte nei saloni sono fatte con la Rollei.
Vengono ancora i
fotoreporters che in prevalenza usano la Rollei.
Infine compaiono i
professionisti della fotografia, anch'essi in prevalenza utenti rollei..
Tutti usano la Rollei
perché essa consente di lavorare con rapidità e precisione, di operare
come uno strumento vivo che ci consente di fare appunto ciò che
vogliamo.
L'autore non indica
una sesta classe, quella dei collezionisti che allora in
effetti mancava poiché ben pochi potevano permettersi di
conservare un apparecchio usato per ragioni affettive o anche per farne
uso o tenerlo di riserva e dovevano quindi chiederne il ritiro per
coprire in parte il costo del nuovo.
Sono passati poco più
di quarant'anni e certo Ghedina si esprimerebbe in termini molto
diversi.
La pratica fotografica
si è enormemente diffusa, soprattutto grazie all'impiego delle compatte
e degli apparecchi digitali che consentono in qualche modo di portare a
casa foto accettabili; anche quelli che vogliono realizzare foto
destinate a piacere a loro prima che ad altri usano preferibilmente
reflex 35 mm.
I frequentatori di
mostre prediligono ugualmente tale modello, forse perché vi è la
tendenza a premiare immagini realizzate con focali estreme.
I fotoreporters
usano attrezzature scelte in funzione del lavoro che intendono
realizzare, di regola reflex di fascia alta e in qualche caso digitali.
E tutti gli altri
professionisti se usano il 6x 6 per la qualità elevata delle
immagini che consente di realizzare, preferiscono reflex slr per
disporre agevolmente di grandangolo e teleobbiettivo.
Eppure le Rollei si
vendono ancora, in limitato quantitativo le nuove di fabbrica (alle
quali dedicherò apposito capitolo), in gran numero le vecchie.
Il fenomeno
meriterebbe di essere approfondito con apposita indagine.
Vorrei avere la possibilità di
interpellare tutti gli aderenti ai numerosi Rollei Club sparsi in ogni
angolo del mondo per rivolgere loro tre domande e quindi elaborare le
risposte alla ricerca di opzioni condivise.
La prima domanda è se le Rollei vengono collezionate, come accade in
prevalenza per le Leica a vite, per possedere un insuperabile esempio di
ciò che può fare l’ingegno umano con l'ottimizzazione di un principio
elementare, o se piuttosto vengono normalmente utilizzate, in esclusiva o
in aggiunta ad altri apparecchi.
Il secondo tema di indagine, che presuppone una risposta nel senso
dell’effettivo impiego della Rollei, è se ciò avviene per fini
professionali (ovviamente in studio, basta guardarsi intorno per
constatare che i paparazzi e i fotografi da cerimonia usano apparecchi
diversi, di piccolo formato o con magazzini intercambiabili) o solo
amatoriali e se alla biottica viene di regola affiancato altro strumento
più maneggevole o comunque di impiego più rapido.
Il terzo quesito è perché di fatto alcuni (ma forse un'attenta indagine
consentirebbe di scoprire che sono
molti) continuano ad usare un mezzo che ha almeno 35 anni, salvo le
versioni celebrative per le quali è più probabile la conservazione in
bacheca, quando la tecnica ha fatto enormi progressi e rende più agevole
ogni attività.
Una risposta suggestiva, ma non necessariamente esauriente, potrebbe
venire dal controllo sulle fasce di età.
Indubbiamente coloro che, come lo scrivente, hanno da tempo varcato la
soglia dei terzi “anta” si portano dietro il rimpianto di quel che non
hanno avuto in gioventù, quando i mezzi a disposizione consentivano a
fatica l’acquisto di una Rolleicord e una 2,8 appariva come un sogno
irraggiungibile da guardare nelle vetrine dei negozi più forniti.
La ricerca sul mercato dell’usato di più apparecchi dei vari modelli
(anche se in pratica i risultati sono sempre soddisfacenti e non è
facile distinguere gli scatti effettuati con l’Automat 1939 da quelli
della 3,5 F Planar 1967) ha certo il sapore di una rivalsa senile ma
questo non è sufficiente a spiegare l’uso della Rollei in luogo di una
modernissima reflex superaccessoriata poiché un vecchio signore, pur se
portato a idealizzare i sogni di gioventù, non sceglie una vettura priva
di servosterzo e servofreno per valicare quotidianamente lo Stelvio o il
Pordoi.
Ma non dico niente di nuovo se affermo che nel 95% dei casi qualsiasi
fotografia risulta più suggestiva se scattata con una Rollei e nel
restante 5%, quando è indispensabile l’uso di obiettivi tele o
grandangolo spinti o di tempi molto rapidi, lo scatto ha scopi
documentali o di ricerca dell’effetto inconsueto piuttosto che di
creazione di un’immagine.
E qui si innesta un invito ai più giovani ed anche ai principianti:
provate a lavorare con una qualsiasi Rollei (o anche con una copia se vi
è più facile procurarvela), riducete a due o tre le combinazioni tempo –
diaframma, cercate di riempire il formato quadrato, concentratevi su
quel che vedete nel pozzetto e pensate quale interpretazione potete dare
alla realtà fissandola con uno scatto. Usate in contemporanea qualsiasi
altro apparecchio con automatismi di ogni sorta, obiettivi
intercambiabili o zoom. Fate poi il confronto dei risultati e valutate
da soli se un’altra volta non sarà il caso di portare solo la Rollei, un
rullo di scorta e al più un monopiede leggero, utile anche come bastone
da montagna, lasciando alla moglie (non al nipotino, cui è bene non
ingenerare il convincimento che il compito di pensare può essere
delegato all’elettronica) l’ultimo strillo della tecnica con autofocus
su 10 punti e misurazione della luminosità su 50.
OoOoOoOoOoO
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