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Gabriella Schelotto scrittrice fuori dal coro
Camminare
Alla fine del giorno la paura della notte, la paura del sonno, la paura dei sogni. Dopo un angosciante passaggio metterò in scena infinite moltitudini, non delineati eppur precisi spazi interni: paesaggi e passaggi segreti, profondità di lutti oscuri e definitivi come una pietra tombale. E amori indicibili, gonfi e splendenti come i torrenti dell’infanzia. Abbracci unici, violazioni impossibili. Divisioni e allontanamenti, vicinanze intime come il respiro di un nuovo nato. Salirò ancora una volta le scale del mio giardino, quelle scale che nemmeno in sogno mi è concesso riparare: c’è sempre una voragine spaventosa in un tratto, verso la fine; al di sotto è tanto buio e la mia breve falcata non riuscirà a gettare un ponte oltre quel buco nero, spaventoso. Sono solo una bambina, ma un attimo dopo sono devastata da una disgustosa decrepitezza: il mio viso è percorso da rughe così profonde che mi intessono rilievi bruniti e vergognosi; invecchiata nel tempo compresso di un sussulto, la voce fioca e rauca, le gambe appesantite e bloccate al passo. Proprio come l’uomo dei viaggi restano legate da funicelle invisibili e robustissime. Non posso più camminare.
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