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Gabriella Schelotto scrittrice fuori dal coro
La fotografia
Dal ripiano sotto al cristallo divisorio mi segue con lo sguardo impreciso, indagatore, incredulo. E corrucciato. E’ lo sguardo di lui, solo con la tela su cui vuole riprodurre il proprio autoritratto. Durante la giornata, mentre lavoro, seduta alla scrivania, i suoi occhi, ma anche la piega a sinistra della sua bocca, mi chiedono qualche cosa; formulano strane domande che non attendono risposta. Io non ho risposte, ma guardando la foto dell’autoritratto vedo scorrere la mia infanzia : non manca nulla, tutto converge; al vertice, capovolto, c’è lui, mio padre. E raggiungo un tempo e uno spazio incerti, dolcemente sfumati nel principio e nella fine: la casa, gli alberi, il terrazzo; i giochi, le urla, le gioie, i dolori; le corse, le soste,il canto e i silenzi. Una infinita dimensione di affetti. L’altra notte, nella casa, dopo molte notti si è illuminata una stanza, un cubo di cristallo affacciato sulla strada tranquilla e riempito con i giochi di tutti i bambini che là hanno incominciato ad interrogarsi sul mondo. Un dolore nuovo, quello della sua morte, toglie voce e speranza, ma é di compagnia; è una presenza intermittente di cui farmi un rifugio in fondo al quale si intravvede una profondità misteriosa di gioia e di attesa ove si innesta la mia vita.
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