La Comet II
il primo
approccio alla fotografia
Già in
altra pagina avevo fatto
cenno a quegli anni del dopoguerra quando l'industria italiana
visse una breve stagione di domestica gloria nella
produzione di apparecchi fotografici.
Non ho alcuna specifica esperienza in
materia e mi limito a suggerire agli interessati la lettura dal
libro Fotocamere Italiane di Marco Malavolti, ancora disponibile
presso Fotocamera sas Milano. Dello stesso Autore e presso
la stessa ditta è disponibile anche un libro dedicato
appositamente ai prodotti Bencini, fra i quali il modello più
diffuso e' stata indubbiamente la Comet II.
Voglio invece ricordare quello che per
molti ragazzi è stato, negli anni '50 del secolo scorso, il primo
approccio con la fotografia, poco più che un giocattolo e tuttavia
in grado di realizzare, in condizioni favorevoli, immagini
accettabili, la Comet II, venduta in migliaia di
esemplari.
L'apparecchio utilizzava la pellicola
127, allora diffusa e consentiva di realizzare 16 negativi del
formato 3x4,5, più che sufficienti per le esigenze della
villeggiatura austera, come allora rientrava nelle possibilità
ancora di pochi, o della stagione di vacanze avuto riguardo anche
al costo delle pellicole e delle stampe.
E' forse eccessivo parlare di nave
scuola poiché l'unica regolazione riguardava la distanza;
l'otturatore consentiva solo la posa e il tempo di 1/50, mentre
il diaframma era fisso a f/11 (non
sempre però...).
Eppure l'apparecchio, nelle ore
centrali del giorno, funzionava decentemente, se non si pretendeva
di fotografare sulla neve o in riva al mare nel sole di luglio o
all'interno di un bosco.
La spiegazione è molto semplice: le
pellicole in bianco e nero normalmente utilizzate avevano
all'epoca una sensibilità di 50 ASA e tolleravano tranquillamente
tre stop in più e in meno di esposizione.
La pazienza degli operatori in
laboratorio, quelli che lavoravano senza guanti e avevano le dita
colorate dal metolo, nonché la disponibilità di carte di vario
contrasto (da M a 5), consentiva di recuperare un buon numero di
foto.
La difficoltà di reperire pellicola
127 e la scarsa propensione dei moderni laboratori a curare il
bianco e nero confinano questa macchinetta, che ancora viene
offerta nelle aste on line, nelle vetrine degli amatori.
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Già avevo messo in rete questa pagina
quando ho ricevuto il libro di Malavolti dedicato appunto alle
Bencini.
Dalla pubblicazione, che
raccomando a tutti gli appassionati di fotografia, come pure gli
altri libri dell'Autore, da me acquistati sulle aste ebay presso
http://stores.ebay.it/FOTOCAMERA
ho trovato la conferma che il
diaframma fisso era appunto a f 11.
Ma ho anche appreso che l'Azienda
sorse per iniziativa di Antonio Bencini il quale, giovane militare
dell'Arma Aeronautica durante il primo conflitto mondiale, era
riuscito a realizzare la manutenzione domestica di fotocamere per
la ricognizione aerea, allora effettuata mediante dirigibili,
senza inviare le apparecchiature al fabbricante francese.
Lo stesso Antonio Bencini aveva
avviato numerose iniziative per costruire apparecchi fotografici
amatoriali di grande diffusione; durante la seconda guerra
mondiale si era dedicato alla produzione di componenti per
bicicletta ma non aveva voluto abbandonare il settore fotografico
e, non potendo ottenere forniture di materia prima per quello
scopo non bellico, aveva utilizzato .... gli sfridi di lamiera.
La produzione di apparecchiature
fotografiche proseguiva fino all'anno 1984, sotto la guida del
figlio del fondatore, Roberto.
E' una pagina di storia minore che mi
piace però riferire, non senza il consiglio di ricercare i libri
del Malavolti, quale esempio di quel genio dell'itala gente dalle
molte vite, capace di dare il meglio di sè nei momenti difficili.
OoOoOoO
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