I
FILTRI
Negli anni in cui la
Rollei dominava il mercato i filtri erano considerati parte fondamentale del
corredo di un fotografo.
La maggior parte del
lavoro avveniva in bianco e nero e l’emulsione pancromatica aveva una
sensibilità ai vari colori ben diversa rispetto a quella del nostro occhio.
In pratica i cieli
risultavano impietosamente bianchi e il fogliame assai più scuro di quel che
l’operatore aveva immaginato al momento della ripresa.
Di qui la necessità di
avere sempre sottomano quanto meno un filtro giallo verde, buono per tutte le
situazioni anche se meno idoneo a “forare” la foschia sui piani più lontani. I
raffinati affiancavano al giallo verde un giallo medio e un arancione. Gli
esperti avevano anche il verde e il rosso. Per lavori particolari veniva e viene
utilizzato, con la speciale pellicola, il filtro infrarosso.
Pur se la sensibilità
delle pellicole era all’epoca inferiore già esistevano i filtri grigi, destinati
a consentire una maggior apertura del diaframma, qualora non fosse disponibile
un tempo di posa sufficientemente ridotto.
La pellicola per
diapositive inclinava a una dominante azzurra non sempre gradevole, suscettibile
di correzione con il filtro ultravioletto.
Il negativo a colori
per luce diurna gradiva una temperatura di colore di 4.500 K ed era quindi
opportuno disporre di filtri di contro le varie dominanti.
Infine il filtro
polarizzatore, indispensabile ora come allora per ridurre i riflessi di
superfici brillanti, consentiva di intervenire, nel bianco e nero e nel colore,
per assicurare una migliore resa dei cieli e per evidenziare le nuvole.
Nel catalogo Rollei
comparivano ovviamente tutti questi filtri, con i vari tipi di baionetta,
perfetti sotto il profilo ottico e meccanico. Sulla montatura, oltre
all’indicazione del colore e del tipo di baionetta, si legge anche il fattore di
correzione, ovvero il prolungamento del tempo di posa necessario rispetto allo
scatto senza filtro.
Vale la pena di
collezionarne quanto più è possibile, anche se per molti tipi l’impiego avviene
solo per fare una prova.
In effetti le nuove
emulsioni a colori sono assai più tolleranti e per il bianco e nero la pellicola
tradizionale tende ad essere soppiantata da quella che si sviluppa con il
procedimento C41, cui mi sembra di poter attribuire, per la limitata esperienza
che ad oggi ho maturato, una più equilibrata sensibilità ai vari colori.
Il gusto corrente
valorizza poi i cieli “carichi” nelle diapositive, mentre nelle stampe a colori
l’effetto finale dipende soprattutto dall’intervento della macchina automatica
(o dell’operatore per gli ingrandimenti più curati) .
In pratica il rolleista
può portarsi dietro, magari in un astuccio che, collegato alla tracolla,
ospita anche il paraluce, il filtro ultravioletto, sempre utile fra l’altro a
proteggere la prima lente dell’obiettivo, il filtro giallo qualora intenda
lavorare anche col bianco e nero, e, se ha la fortuna di averne trovato uno in
buone condizioni, il filtro polarizzatore.
Un discorso a parte va
fatto per gli speciali filtri destinati ad ammorbidire l’immagine.
Xenar, Tessar, Xenotar
e Planar hanno una incisività estrema che consente ingrandimenti incredibili ma
nel ritratto evidenzia i difetti del soggetto. In catalogo vi erano due
Rolleisoft che consentono di ammorbidire l’immagine, fino ad ottenere, in modo
più o meno marcato, quel flou artistico che distingueva le foto dei
professionisti del ritratto anni ’30.
Penso però che
l’effetto flou sia meglio aggiungerlo in camera oscura, in modo da dosarne
l’incidenza.
Ho avuto l’occasione di
acquistare entrambi i Rolleisoft con baionetta I, in blocco con altro materiale;
non li ho ancora provati ma forse un giorno la curiosità mi indurrà ad una
verifica.
OoOoOoOoOoO
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