"Nella fotografia di fuochi
artificiali l'imprevisto ha una parte così larga che essa si
può annoverare fra i passatempi".
Con questo incipit C. Pomeyrol,
in uno scritto riportato nel Nuovo Fotolibro di S.Guida
(Milano 1995) sembra voler liquidare l'argomento, siccome poco
degno dell'arte fotografica. E poi, con quella contraddittorietà
connaturale agli uomini, formula una serie di utili consigli, che
sembrano dati ad uso e consumo dei Rolleisti, corredati da
due immagini, scattate con la Rollei, suggestive quanto
impeccabili sotto il profilo tecnico.
Si raccomanda di inserire
nell'inquadratura un primo piano, sia pure marginale, per dare
un'idea delle dimensioni. Si prospetta l'opportunità di
impressionare un negativo al crepuscolo e quindi riprendere
sullo stesso fotogramma uno o più fuochi, mediante apertura
dell'otturatore regolato sulla posa, in modo da cogliere il
momento in cui l'artificio pirotecnico dispiega maggiormente la
sua suggestione. Si accenna di sfuggita all'uso di pellicola a colori del tipo per la luce diurna. Si
segnala la possibilità di ottenere risultati suggestivi col
procedimento di solarizzazione. Si conclude col rilievo che
fino allo sviluppo del negativo non è possibile verificare
la bontà del risultato.
Questi suggerimenti sembrano
dettati per il miglior uso della Rollei poiché gli apparecchi di
buon livello sono costruiti in modo da evitare le
doppie esposizioni e tale sicurezza di regola non può essere disinnestata.
E poi la biottica, col suo perfetto equilibrio, può essere
agevolmente tenuta a lungo in posizione anche su un treppiedi di
peso contenuto.
Altair ha l'opportunità di
assistere dal balcone di casa ad uno spettacolo pirotecnico
offerto dalla Civica Amministrazione ad ogni Ferragosto e non ha
mancato di mettere alla prova le sue Rollei. Poi, nel
convincimento che le regole dettate dai maestri dell'arte
possono anche essere consapevolmente violate, ha tentato
altre strade utilizzando la Epson RD1.
Così ha trascurato la
dimensione di scala ed ha evidenziato il centro del
fuoco piuttosto che il quadro complessivo, ricercando un'immagine
irreale e non una raffigurazione della realtà.
Ha poi sfruttato
l'opportunità offerta dalla rilevante sensibilità offerta dal
sensore e dall'uso di obbiettivi ad alta luminosità come il
Summicron 50/2 e il Summilux 75/1,4 al fine di lavorare
con tempi rapidi per quanto possibile e fissare
un'immagine per definizione fuggente e destinata a durare un
attimo.
Ha ancora tentato la
solarizzazione, consentita da Photoshop senza rischio di
danneggiare l'originale, e da ultimo ha selezionato le immagini che
gli parevano meritevoli di esser conservate, dando loro un titolo.
Forse è stato un passatempo o forse Altair si è sottoposto
inconsapevolmente ad una sorta di
test di Roscharch
(ma la fotografia amatoriale non è proprio un
test proiettivo? ... argomento da approfondire).
Date un'occhiata e non siate
severi nel giudicare il risultato: per il futuro Altair
sceglierà un tema più serio.
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