Nell'uso degli apparecchi a
pellicola non ho ho mai dato troppa importanza alla lettura
dell'esposimetro ed ho tranquillamente applicato la regola del 16,
limitandomi a confrontare il dato da me calcolato ad occhio con quello
della fotocellula.
Non così per gli apparecchi
digitali che alterno alle varie Rollei (ed altro): il buon livello del
sistema di lettura e la scarsa latitudine di posa offerta dal sensore
mi hanno persuaso che, almeno per la Leica Digilux II e per la Rollei
RD1, è meglio lavorare in priorità di diaframmi e lasciare la scelta
dei tempi all'automatismo.
Ben mi guardo ovviamente dal
pensare che un esposimetro di alta qualità - tale da individuare la migliore esposizione per il soggetto che stiamo per
ritrarre ma anche verificare se particolari importanti siano
illuminati a sufficienza e guidarci così nella scelta di sorgenti di
luce aggiuntive - sia inutile: dico solo che per le foto che scatto
come dilettante puro, al solo scopo di fermare un'immagine e non di
costruirla, la coppia tempo - diaframma può essere determinata anche
con mezzi non troppo sofisticati.
Ma un esposimetro dedicato alla
propria macchina o inglobato nella stessa è pur sempre utile poiché
fornisce un'indicazione e, sulla Rollei, grazie alla
continua verifica della distribuzione di luci ed ombre sullo
schermo, consente anche di scegliere a ragion veduta se posare per
le luci o per le ombre.
Per
i modelli senza baionetta era fornito il
Rolleiphot, un esposimetro a estinzione
I primi modelli sui quali è
possibile avere, come optional fornito a caro prezzo, un
esposimetro interno con fotocellula al selenio sono l'Automat C
dell'anno 1956, sulla quale
vengono montati per la prima volta le ottiche Planar e Xenotar 3,5 e
la 2,8 E, entrambe prodotte per la prima volta nell'anno 1956. La
fotocellula ha due campi di misurazione, selezionati con apposito
interruttore sul vertice anteriore sinistro e il numero ottenuto
mediante sovrapposizione della lancetta comandata
dall'operatore su quella del galvanometro individua l'accoppiamento
tempo diaframma e va riportato sulla rotella alla destra di chi
guarda nel pozzetto.
Nei modelli
successivi il campo di lettura è unico e gli indici vengono fatti
combaciare agendo su una rotella o su entrambe.
Nell'anno 1958
viene realizzato, per l'impiego sulle Rollei che montano la
baionetta I (Rolleicord a partire dal modello II B, Automat fino
alla 3,5 B, T, il Rolleilux, di
cui nel Museo virtuale potete vedere, montato una Rolleicord IV e
posato su un bel blocchetto di ossidiana, un esemplare ancora
perfettamente funzionante.
Le fotocellule al
selenio utilizzate per Rollei e accessori sembrano aver stipulato
con Mefistofele un patto di eterna giovinezza: nella mia collezione
personale ho una mezza dozzina di Rollei anni 50 - 60 munite di
esposimetro che continua a fare il proprio dovere e solo in un caso
richiede una correzione di due stop, mediante volontaria alterazione
del dato relativo alla sensibilità della pellicola.
La produzione più
recente si è adeguata al progresso tecnologico e così, a
partire dal modello 2,8 G, viene montato un sofisticato esposimetro
alimentato da una batteria a 6 volt del tipo V28PXL al litio di
lunghissima durata che,
secondo
la pubblicità della casa madre, consente di effettuare la
misurazione integrale attraverso l'ottica di mira con prevalenza al centro e di verificare anche
uno scostamento di mezzo stop dall'esatta esposizione.
Lo stesso tipo di
esposimetro è montato sui recentissimi modelli FX, FW e FT.
Hic manebimus
optime?
Le opinioni e
soprattutto le concrete esperienze non sono tutte concordi.
Nella pagina
dedicata alle Rollei in produzione
avevo riferito le caratteristiche del sistema di misurazione e avevo
anche segnalato la possibilità di collocare nella zona centrale i
particolari di cui si vuole verificare l'illuminazione e controllare
l'esito nella fila dei led.
Al solito avevo
però utilizzato le indicazioni dell'esposimetro come dati indicativi
sui quali fondare le mie scelte.
Ma Roberto mi
segnala di aver rilevato che nella 2,8 GX l'indicazione
dell'esposimetro è influenzata dalla luce che entra nel pozzetto, al
punto di rendere poco credibile il suggerimento della macchina.
Insomma la lettura anzichè TTL sarebbe ... TTW (Lens =
obbiettivo, Waist level finder = mirino a pozzetto).
A questo punto
sono andato a verificare se la FX presenta un inconveniente del
genere. E' probabile che
il costruttore si sia reso conto del problema e abbia adottato
qualche rimedio per evitare che la luce attraverso il vetro
smerigliato raggiunga direttamente il sensore poiché il solo
spostamento dell'ombra data dal corpo dell'operatore non muta la
lettura, almeno fino a quando il sole non entra direttamente nel
pozzetto ciò che si può verificare ben difficilmente anche se non si
fa uso di uno dei
cappucci supplementari che Derqui definisce
"ingombranti, poco pratici e antiestetici" (Book, pag. 213). Però la
possibilità che venga letta la luce attraverso il pozzetto e non
attraverso l'obbiettivo di mira c'è, come ho avuto modo di
constatare lasciando il copriobbiettivo in sede e proiettando la
luce di una lampadina tascabile all'interno del pozzetto: è
sufficiente che il raggio colpisca gli angoli anteriori del quadrato
di ripresa perchè in luogo del led rosso si accenda subito quello
verde.
E' vero che il
dato esposimetrico non viene trasferito senz'altro alla regolazione
della macchina e quindi un congegno di chiusura dell'oculare, come
previsto ad esempio per la Canon A1 e per la stessa
Rollei SL 35 ME sarebbe eccessivo in quanto la regolazione deve
esser pur sempre effettuata manualmente. Si nota che nessun
inconveniente può verificarsi in caso di impiego dell'apposito accessorio per la
lettura TTL flash, magari con l'impiego di più lampi azionati da
fotocellula, uno dei quali puntati al soffitto. La lettura avviene
infatti mediante apposito sensore sul piano della pellicola e non
attraverso il mirino.
La conclusione
incontestabile è che per fotografare con la Rollei bisogna usare
soprattutto la testa per le versioni più moderne non meno che per
quelle più antiche le quali fra l'altro non dipendono dalle batterie
il cui torto principale è quello di piantarti quando meno te lo
aspetti.
Altair
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