Ben diversa era invece la dotazione della
SL35 ME. Del corpo
abbiamo già detto che
era praticamente identico alla sorellina SL35 M
ma la dotazione tecnologica era
stata fortunatamente aggiornata. La
macchina infatti prevedeva le due possibilità di
esposizione: manuale
a tutta apertura ed automatica a priorità dei diaframmi.
Questa macchina
era già in grado di competere ad armi pari con alcune concorrenti
dell’epoca quali la Canon AV-1 ma la colpa che ne decretò una vita
sfortunata fu un
prezzo totalmente fuori mercato. Ciò era già avvenuto
nei confronti della SL35 M il
cui prezzo era troppo elevato. I
fotoamatori avevano imparato che il solo fatto di
portare un nome
glorioso non poteva giustificare un costo esorbitante rispetto a
macchine della concorrenza Made in Japan (e poi Singapore non stava
certo nel
Badenwurtenberg); già, corsi e ricorsi storici non servono a
molto se ancor oggi
Rollei vende una macchina identica ad altre ma ad
un prezzo più che doppio.…! Ma
torniamo alla vecchia e cara ME.
Il mirino mostra un pregevolissimo telemetro ad immagine spezzata con
andamento
trasversale su un collare di microprismi; è una soluzione
praticissima che facilita la
messa a fuoco con soggetti che
comprendano linee sia verticali che orizzontali.
Sulla sommità del
vetrino una finestrella mostra il diaframma in uso scelto dal
fotografo mentre a destra vi è la scala dei tempi disponibili che
vanno da 4 sec. A
1/1000; su questa scorre l’ago che indica il tempo
che verrà impostato
dall’automatismo. La cellula dell’esposimetro è
certamente in posizione troppo
arretrata rispetto all’oculare di
visione infatti i progettisti hanno dotato il mrino di
un’antina
metallica di oscuramento, operazione che si attua ruotando un anello
parzialmente zigrinato coassiale con la lente del mirino.
Il retro della
macchina comprende, oltre al mirino, una finestrella trasparente che
evidenzia il contafotogrammi. La sommità è ovviamente la plancia di
comando ed infatti troviamo: a sinistra una ghiera di dimensioni
generose con il selettore delle sensibilità impostabili da 25 a 3200
ASA mentre a destra una ghiera di identiche dimensioni attiva i tempi
dell’otturatore e l’automatismo di esposizione contrassegnato da una
“A” verde che consente esposizioni da 4 sec. a 1/1000 mentre il
selettore delle velocità in manuale viaggia da 1/30 a 1/1000 + la posa
B.
La leva di carica ha una precorsa che
attiva il circuito elettrico per mezzo di una levetta scorrevole ed il
pulsante di scatto ha la consueta filettatura per l’attacco del
flessibile.
E’ da dire che, nonostante le dimensioni generose ed il peso non
trascurabile, la
SL35 ME desta un’impressione mista fra solidità e
tenerezza (è pur sempre una cara
vecchietta); si impugna benissimo e
consente di lavorare in maniera riposante e
sicura. A patto
naturalmente che l’elettronica (vale il discorso della SL35 M) sia in
pieno funzionamento. In caso contrario la macchina può essere frutto
di notevoli
frustrazioni in quanto in Italia non la riparano più
nemmeno alla Mafer; la macchina
in mie mani ha invece ricevuto una
manutenzione totale presso un’officina, guarda
caso, di Braunschweig
ed è in perfette condizioni di lavoro.
Anche di questa
macchina la produzione si arenò dopo poche unità nel 1979; il
totale
ammonta a 41.000 di cui 8.100 marcate Voigtlander VSL2 Automatic.
Tutte
queste macchine sono solo Made in Singapore e solo con livrea
nera, come per le
SL35 M. Anche in questo caso l’ottica in dotazione
era l’ottimo Planar 50/1,8 HFT
Made by Rollei (Color Ultron per le
Voigtlander).
Roberto
Mirandola
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