Nell’anno 1998 la Casa di Solms aggiunse alla serie di obbiettivi per
Leica M il Tri Elmar, un’ottica pensata per offrire le focali di 28,
35 e 50 e commutare a un tempo le cornicette nel mirino.
Non si tratta di uno zoom poiché le immagini risultano nitide solo per
le focali indicate e nelle istruzioni si avverte esplicitamente
che non vi è possibilità di regolazioni intermedie.
Ad
una prima versione è seguita altra perfezionata, negli ultimi mesi
dell’anno 2000. Il complesso è leggermente più corto, la
meccanica è migliorata e più dolce nei movimenti. Altra modifica di
dettaglio è il diametro della montatura per filtro, ridotto da 55 a 49
mm.
L’oggetto è molto
bello e anche pratico. La luminosità non varia col cambio della
focale. La montatura funge da valido paraluce, almeno in condizioni
non particolarmente sfavorevoli. Vi è una scala di profondità di
campo, semplificata e ben leggibile, valida per tutte le focali.
L’apertura massima è f 4; le istruzioni suggeriscono per i migliori
risultati i diaframmi 5,6 e 8.
Devo dire che fino a quando ho usato la Leica M 6 non ho avvertito
l’utilità di tale ottica: un
onesto 35 mm riesce a sostituire le tre focali in quasi tutte le
occasioni, con l’ausilio dei piedi dell’operatore e se è
impossibile o sconsigliabile avvicinarsi al soggetto un tele da 90
(ottimo l’Elmar 90/4 collassabile il cui ingombro per il trasporto si
riduce notevolmente) può essere agevolmente sostituito grazie
all’attacco a baionetta. E poi se è vero che le moderne pellicole
hanno una sensibilità elevata, un’apertura massima pari a f 4 finisce
per risultare scarsa in molti casi pur con 400 ASA.
Il
discorso è diverso quando si
passa all’uso della RD1.
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