Le 2,8
hic manebimus optime
La Rolleiflex 2,8 è stata messa
in catalogo soprattutto per motivi concorrenziali nei riguardi
della Hasselblad ed ha incontrato un successo tale che la sua
produzione non è mai cessata ed anzi ha di recente assunto caratteristiche da
cui si può arguire il proposito di un rilancio.
L'età mi consente di fare non
solo la cronaca degli sviluppi nel settore ma anche di formulare
qualche riflessione di "filosofia della storia" (mi si scusi la
commistione di sacro e profano) intesa come ricerca delle
cause nascoste di uno sviluppo degli eventi che travalica gli
stessi ed i loro protagonisti.
Nell'anno 1949, quando la 2,8 ha visto la luce
per la prima volta, un'emulsione da 18 Din era considerata rapida e i puristi preferivano le pellicole
da 14 - 15 Din per ottenere maggiore ricchezza di mezze tinte e
grana ridotta.
Un obbiettivo con apertura
limitata a 3,5 poteva quindi incontrare effettivi limiti operativi
e anche quel mezzo diaframma in più consentiva di risolvere
qualche situazione, tanto più che il flash elettronico aveva un
costo fuori della portata di molti dilettanti mentre
le lampade monouso presentavano problemi vari, non ultima la
spesa, la scarsa durata delle batterie, frequenti casi di mancata
accensione.
Attualmente si fa uso di
pellicole a bassa sensibilità solo per lavori particolari. La
pellicola da 100 ASA è considerata buona per tutti gli usi e le
emulsioni professionali vengono di regola offerte con sensibilità
di 160 o 400 ASA.
In pratica quindi, grazie al
miglioramento delle emulsioni, si può ora usare un diaframma 5,6
nelle stesse condizioni in cui, alla metà del secolo scorso, si doveva usare
un diaframma 2.
E' quindi lecita la domanda circa
l'utilità di affrontare maggiori costi e portarsi dietro pesi più
consistenti, quando la maggior parte delle foto viene scattata con
il diaframma 8 o 11 e un flash con numero guida 30 a 100 ASA è
alla portata di tutti.
Prima di proseguire il discorso
si impone una considerazione di portata generale.
Lo spartiacque tra la fotografia
amatoriale e quella professionale non sta nella diversa bravura
dell'operatore o
nell'uso di mezzi più sofisticati ma più semplicemente nella
circostanza che il dilettante scatta solo se le condizioni sono
favorevoli e la strumentazione idonea allo scopo e se anche tenta
una foto impossibile lo fa come sfida a se stesso e con la riserva
mentale di gettare via quel che riesce male.
Il professionista la foto la deve fare in quel particolare momento
e la deve far riuscire decente anche se le condizioni sono
sfavorevoli e le circostanze impongono limitazioni capestro (si
pensi al divieto di usare il flash in particolari cerimonie o
occasioni).
Proprio per tali ragioni il
professionista deve avere a disposizione un'ottica più luminosa
(ed anche tempi rapidissimi per consentirgli di lavorare a tutta
apertura con pellicole ultrarapide, ove si renda necessario il
fuoco selettivo. Ma il discorso deve prendere necessariamente una
piega diversa: per l'operatore professionale la Rollei rappresenta
una sicura ruota di scorta che non tradisce mai e consente di
raggiungere sempre la meta; forse la grandangolo può
agevolare certe particolari riprese, ma un apparecchio col quale è
possibile cambiare ottica e magazzino risolve i problemi in
radice.
E qui si torna al dilettante il
quale ben sa che una Rollei, una qualsiasi Rollei, per le sue doti
di versatilità e affidabilità gli consente nella stragrande
maggioranza dei casi di realizzare foto migliori. Per questo
impiego una 3,5, grazie alle migliori doti delle pellicole
moderne, è più che sufficiente e poi è noto che per gli obiettivi
non vale il discorso che si fa per le autovetture.
Un'auto costruita per tenere in
modo decente la strada e frenare con buona sicurezza a 200 kmh,
alla velocità di 130 kmh consentita dalla legge è infinitamente
più sicura di una progettata per raggiungere tale velocità come
massima. Ogni obbiettivo è invece calcolato in modo da dare le
migliori prestazioni ad una certa apertura, di solito intorno a 8,
e questo indipendentemente dalla sua luminosità. Anch'io, come
altri rolleisti ho avuto la sensazione, ritirando le foto scattate
con una 2,8, di vedere immagini più belle o più ricche, ma
poi mi sono ricordato che lo stesso effetto era derivato da
qualsiasi altra ottica, semplicemente perché l'ultimo risultato ha
la suggestione del nuovo.
Eppure la 2,8 costituisce pur
sempre un'aspirazione per tutti i rolleisti, per la suggestione
che viene dall'aspetto imponente del frontale con le grandi
ottiche e perché rappresenta la massima evoluzione di un progetto
base: è una realizzazione dell'ingegno umano che merita di essere
conservata ed è in grado di dare soddisfazioni incomparabili oltre
a risultati pregevoli.
Ed ora, dopo un discorso forse
troppo lungo, qualche cenno alle Rollei 2,8 in mio possesso.
Rolleiflex
2,8, C
(K7C)
L'apparecchio ha il numero di matricola 1424xxx ed è quindi,
secondo i dati desumibili dal Book di Derqui, fra gli ultimi della
serie. La stessa fonte indica l'apparecchio, di cui sono stati
prodotti 30.150 pezzi, come raro. L'obbiettivo è uno Xenotar
80/2,8 col triangolo rosso, di cui ho già precisato il
significato, matr. 3688xxx. Come tutti i modelli di tale epoca è
privo di esposimetro, ha il pozzetto fisso e la lastrina
stigmometrica. La scala dei tempi è quella tradizionale e non è
presente l'accoppiamento tempi diaframmi. Gli attacchi per
la cinghia non sono ancora quelli a scatto della produzione più
moderna. La lente di messa a fuoco è montata su un dispositivo a
cerniera che ne consente l'adeguamento alla vista dell'operatore.
I risultati sono conformi alle aspettative. Potete
accedere a
due immagini, ricordo di
una passeggiata alla vetta del Monte
Sagro.
Rolleiflex
2,8, E
(K7E)
L'apparecchio
ha il numero di matricola 1651xxx, obbiettivo Planar 80/2,8 matr.
2264xxx. Ha il pozzetto fisso ed è munito di esposimetro a due
campi di misurazione. Il valore EV deve essere riportato sul disco
che comanda i tempi, agendo sulle due rotelle. La cellula è un
poco affaticata e in pratica è opportuno regolare 76 ASA per avere
l'indicazione esatta per 160. I tempi seguono la scala geometrica
e possono essere accoppiati con i diaframmi facendo coincidere la
barretta al centro del disco dei diaframmi con gli appositi segni.
La produzione è stata di 44.000 unità e l'apparecchio è
classificato come comune. Mi ha più volte seguito in occasione di
gite in montagna, senza farmi troppo pesare la sua stazza, data la
razionalità della forma.
Non so
resistere alla tentazione di mostrarvi
due
immagini. Una notazione malinconica: la prima foto
raffigura le propaggini del ghiacciaio dell'Adamello, visto dal
Lago Bissina. E' stata scattata intorno alla fine del secolo
scorso, in una giornata di settembre. Invano cerchereste oggi
quello stesso quadro: il ghiacciaio in circa dieci anni si è
ritirato e la montagna mostra la nuda roccia. Non è più
possibile visitare il sito di un fotoamatore
di recente scomparso
ove il ritiro dei ghiacciai veniva documentato con immagini
originali e suggestive.
Rolleiflex
2,8, E 2
(K7E2)
Con qualche
difficoltà sono riuscito a procurarmi una 2,8 E2.
L'apparecchio, in perfette condizioni, ha il numero di matricola
2355xxx, obbiettivo Planar 80/2,8 matr.
2552xxx. Ha il pozzetto rimovibile ed è privo di
esposimetro. Si tratta del primo modello 2,8 con pozzetto
sfilabile; conserva del modello 2,8 E l'accoppiamento tempi
diaframmi che può essere disinserito ruotando la barretta
centrale ma si differenza appunto per la possibilità di
rimuovere il pozzetto e sostituirlo col
pentaprisma. Il numero
di matricola non si trova più sul frontale ma sotto l'ottica di
ripresa, preceduto dalla sigla E2. Da questo corpo macchina sono
state ricavate la Telerolleiflex e la Grandangolo e quel
prototipo con ottiche intercambiabili che non mai passato alla
produzione. Anche in questi apparecchi il numero di
matricola si trova sotto l'ottica di ripresa, rispettivamente
preceduti dalla sigla S e W. Vengono commercializzati a prezzi
che è bene tacere trittici comprendenti le versioni in
produzione della FX, FW ed FT, con finiture dorate. Un'austera
2,8 E2 potrebbe, assieme ad una
Tele e una Graqndangolo,
dar luogo ad un trittico
di ben maggiore prestigio.
Rolleiflex 2,8, F
(K7F)
mL'apparecchio
ha il numero di matricola
2406xxx, obbiettivo Planar 80/2,8 matr. 3187. E' il primo modello
2,8 F, prodotto intorno all'anno 1960. E' munito di esposimetro
perfettamente funzionante, i cui dati si sono rivelati
attendibili. Il pozzetto è rimovibile, la lastrina è
stigmometrica. Presenta l'inconveniente di cui parlo nella pagina
Soccorso Rollei, alla voce
azzeramento contapose,
superabile azionando manualmente il relativo pulsante automatico.
Risultati come è ovvio conformi alle mie aspettative. Vi segnalo
due
immagini, a mio avviso
belle, o almeno non so fare di meglio.
La nuova FX
Un discorso più approfondito su questo
apparecchio lo trovate nel paragrafo relativo alle Rollei in
produzione, ove faccio anche un parallelo con la nuova grandangolo.
Ma la FX è anzitutto una 2,8, una
Rolleiflex d'impiego universale e quindi merita anche una breve
trattazione, assieme alle sorelle più anziane e in raffronto con le
stesse.
La finitura è sobria,
tipica di un apparecchio destinato all'uso da parte del dilettante
evoluto se non dal professionista. Il rivestimento è in
pelle di un bel marrone scuro
lavorata a lucertola. La cinghia è nera, con i
classici attacchi Rollei che erano stati
abbandonati nella GX. Anche la borsa è nera.
Sono stati eliminati, evidentemente a fini
di semplificazione, taluni particolari che i rolleisti
della vecchia generazione avrebbero voluto ritrovare.
L’allineamento della pellicola avviene
sui punti rossi e non si ritrova più il
noto “tasto” che rendeva più rapida l'operazione di caricamento.
È scomparso l’autoscatto,
i perni di guida delle bobine non hanno un fermo in posizione di
aperto, il contatto flash non ha il fermo di
sicurezza, la scala di profondità di campo è data da una doppia
serie dei numeri di diaframma, manca l'indicatore del tipo
di pellicola usata.
Il cappuccio è
amovibile e il
pentaprisma dei vecchi modelli si adatta
quanto alla meccanica ma copre i led che indicano l'esposizione. Chi
non vuole rinunciare all'assistenza dell'esposimetro può acquistare
l'accessorio attualmente in catalogo ad un prezzo non indifferente.
L’otturatore non è un Synchro Compur
ma un Seiko la cui silenziosità è però
forse ancora migliore rispetto al Compur.
Sul
punto i pareri non sono però univoci: si veda la discussione in
http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=7943771
Probabilmente sulle valutazioni influisce oltre al tipo di otturatore,
anche le condizioni d'uso dell'apparecchio usato e .... almeno per
Altair, un poco di presbioacusia.
L'esposimetro con lettura TTL
è alimentato da una minuscola pila, in apposito alloggiamento nel
bottone di messa a fuoco.
Lo schermo
è assai luminoso e limpido.
La slitta con contatto caldo
consente di fare a meno della
staffa per il flash o di utilizzare una livella fra le tante in
commercio.
Alla filettatura interna al
pulsante è avvitato un comodo
bottone che
offre al dito un appoggio allargato e protegge il meccanismo
dall'accesso di polvere.
L'obbiettivo di ripresa è un Planar 2,8/80 a 5 lenti HFT, made by
Rollei su licenza Zeiss, con baionetta III.
OoOoOoO
|