ELOGIO DEL QUADRATO
(E DELLA SUA PAZZIA).

Di Michele Vacchiano

Che cos'è il quadrato? Un quadrilatero che ha lati ed angoli uguali, una figura perfettamente inscrivibile nel (e in cui si può perfettamente inscrivere un) cerchio. Una figura inusuale in pittura. Nonostante il loro nome, i quadri non sono quadrati ma rettangolari, tranne rarissime eccezioni. Il rettangolo aureo, dono della scuola pitagorica e paradigma di tutta l'arte antica (senza contare la sua riscoperta da parte di architetti come Le Corbusier) rappresenta per il pittore lo spazio perfetto nel quale inserire le sue composizioni. Una concezione che diventa tradizione, habitus mentale, e che la pittura trasmette (insieme a molte altre cose) alla fotografia sua figlia. Le prime lastre sono rettangolari, è vero, ma manca loro poco per essere quadrate. Abbandonate le proporzioni auree il formato 20x25 è "quasi" un quadrato, che richiede un modo tutto suo di "pensare" la composizione. Come già si è detto in altre occasioni, lo spazio del fotogramma non è affatto una cornice vuota, ma una figura geometrica nella quale le linee e le forme della composizione acquisiscono una fisionomia precisa. Lo stesso soggetto, ripreso su formati dalle proporzioni differenti, assumerà diversi significati e una diversa forza espressiva.
Il nostro occhio è abituato al rettangolo. Secoli di pittura ci hanno imposto il formato rettangolare come l'unico in grado di determinare lo spazio, di contenere forme e colori. Ecco allora che un fotogramma quadrato ci colpisce, ci cattura, perché sembra che qualcosa manchi, che una finestra più stretta di quanto ci aspetteremmo sia stata aperta per consentirci una visione solo parziale delle cose. Gli oggetti al suo interno acquistano una particolare pregnanza proprio perché compressi fra pareti strette e stranamente - direi in modo inquietante - regolari. La regolarità del quadrato intimorisce e spaventa. Come le vie di Torino o Trieste ispira timore, nella sua prevedibilità geometrica sfiora i territori della follia. Paradossalmente sgomenta. Nel quadrato non c'è orientamento, non c'è base o altezza, essendo ogni lato capace di assumere entrambi i ruoli. Nella sua ambiguità formale ogni orientamento si perde, scompare qualunque possibilità di aggancio mentale. Nel centro di Torino (città quadrata, regolare, aliena per chi non vi è nato) il filosofo Nietsche finì per impazzire. Abbracciò un cavallo in piazza Carignano e finì in via Giulio. In una cella dalla pianta perfettamente quadrata.
Ecco perché il formato quadrato ha un fascino così speciale. Ed ecco perché non può essere usato come un qualunque altro formato fotografico. Il quadrato richiede certi soggetti e non altri, e richiede anche che il soggetto vi venga trattato in modo speciale. Chi usa l'Hasselblad per poi lasciare che il fotolitista tagli le immagini per farle stare nelle pagine della rivista in realtà non ha capito le potenzialità del mezzo che sta adoperando. Dire che il 6x6 è in pratica un 4,5x6 "perché tanto poi le immagini si tagliano" è un'idiozia. Le immagini quadrate non si dovrebbero poter tagliare senza sconvolgere completamente il messaggio. Se lo si può fare, è perché il fotografo non ha "pensato" (o come scrive Ansel Adams, "previsualizzato") in formato quadrato, ma lo ha utilizzato come un formato rettangolare con un po' di spazio in più. Dove mettere il cielo, che tanto poi si taglia. Io sono categorico con i miei editori: le foto che fornisco non si tagliano mai, si pubblicano così come sono. La pagina di un libro è grande abbastanza per contenere qualunque formato. Un'altra mia pretesa è di non pubblicare mai fotografie su doppia pagina: quella cucitura che passa in mezzo all'immagine è un vero strappo, un'intollerabile lacerazione dell'unitarietà dell'opera. Ma questo è un altro discorso.
A proposito del formato quadrato, il fotografo canadese Jamie Drouin ha scritto:
Il quadrato costituisce una forte "ancora" visiva per lo spettatore e gioca un ruolo primario nel mio lavoro. La fotografia è un mezzo di esclusione visiva: in realtà il fotografo decide che cosa tagliare fuori dal mondo con la sua fotocamera. Il mio scopo primario non è soltanto "tagliare fuori" quanto piuttosto "segare". Il quadrato aiuta a raggiungere questo fine perché tende a sfidare la nostra nozione classica di formato pittorico. La sua strettezza visiva incapsula l'immagine e cattura l'attenzione dello spettatore su ciò che è contenuto all'interno del fotogramma piuttosto che su quello che potrebbe continuare al di fuori di esso.
Da tutto questo consegue che la composizione in formato quadrato obbedisce a regole sue, che non sono quelle consuete. Qui domina la simmetria, non il disequilibrio fra le masse; la staticità, non il movimento; la quiete, non la tensione emotiva. Non tutti i soggetti sono adatti ad essere inseriti in un fotogramma quadrato ed anche quelli che lo tollerano devono essere trattati in modo adeguato.




 

 







 

 

 

 




Si veda come esempio la fotografia numero 1. Il gruppo del Gran Paradiso, dall'Herbetet al Gran Paradiso vero e proprio, si specchia in un laghetto glaciale nella luce del mattino. Il gioco dei riflessi impone che la linea di demarcazione data dalla riva opposta del laghetto tagli esattamente in due il fotogramma. Inserita in un fotogramma rettangolare, orientato orizzontalmente, questa immagine sarebbe apparsa forse gradevole, ma priva di profondità. Il formato quadrato ha invece permesso di riprendere anche i sassi vicini alla riva, in primo piano. Un suggerimento appena, nulla che distolga l'attenzione, ma sufficiente a regalare all'immagine la necessaria profondità. Provate a nascondere questo primo piano e a inquadrare tutto entro una cornice rettangolare. La differenza sarà eclatante: un'altra fotografia portatrice di un diverso messaggio.

La fotografia n. 2 ritrae le Levanne in un tardo pomeriggio d'inverno. I rami spogli che occupano la metà superiore del fotogramma appaiono come una quinta naturale che allontana lo sfondo. La stessa funzione assunta dall'area scura in basso. La fotografia è stata "pensata" per il formato quadrato né avrebbe potuto essere composta diversamente.

La fotografia n. 3 raffigura in primo piano la vetta del Breithorn (4161 m) ripreso dal Klein Matterhorn, a quota 3900 circa. Sullo sfondo, a destra della vetta, le altre cime del massiccio del Monte Rosa fino al Castore. La fotografia è idealmente divisa in tre parti quasi uguali. In basso, quasi del tutto in ombra, la parete rocciosa e la parte finale del ghiacciaio, tormentata dai crepacci; nella fascia centrale l'algido lucore della neve e l'elegante cresta che, salendo verso sinistra, conduce alla vetta; in alto il cielo, solcato da tenui veli stratificati. Le tre "fasce" scandiscono l'immagine e le forniscono il dovuto respiro. Tagliarla a livello del cielo schiaccerebbe troppo la vetta contro il bordo superiore del fotogramma, mentre un taglio in basso - oltre ad eliminare le informazioni relative alla struttura della montagna e del ghiacciaio - isolerebbe la cima rendendola insignificante.

La fotografia n. 4 è stata scattata dal Pian di Verra e raffigura il ghiacciaio di Verra sovrastato da Roccia Nera, Polluce e Castore. E' stato usato un grandangolare da 50 mm per esaltare la linea di fuga prospettica del torrente. Questo si allarga nel primo piano fino ad occupare quasi l'intera base del quadrato. Un taglio effettuato più in alto ne avrebbe snaturato l'"effetto presenza" e avrebbe reso meno comunicativa l'intera immagine.

La fotografia n. 5 raffigura i Breithorn visti dal Passo della Bettolina, versante Ayas. L'esaltazione del primo piano immerge lo spettatore nel tipico ambiente di morena glaciale, ricco di acque affioranti intorno a cui fioriscono gli eriofori. La metà superiore del fotogramma è occupata dallo sfondo: montagne e cielo si dividono lo spazio occupando due fasce approssimativamente equivalenti.
Un semplice esercizio consiste nel coprire tutte queste immagini con una cornicetta in cartone, che delimiti una finestrella di formato rettangolare. Di fatto una parte dell'inquadratura verrà eliminata. Si noterà facilmente come le fotografie (tutte previsualizzate in formato quadrato) finiscono per acquistare significati diversi, per dare messaggi diversi da quello originale.

 

Text and photos © Michele Vacchiano, june 2000