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E’ un dato di fatto, fotografare in Rolleiflex
significa nell’ordine: Rolleiflex biottica 6x6,
Rollei 35, Rolleiflex Monoreflex 6x6 ed…..infine
Rolleiflex Monoreflex 35 mm.– Può andar bene
ma….non sono d’accordo; io fotografo usualmente
con una Rolleiflex 35SE insieme ad ottiche Zeiss
o Rollei HFT o Rolleinar.
Nulla da eccepire riguardo la prima posizione;
le biottica 6x6 sono e resteranno nella storia
come un classico assoluto, inimitabile,
inossidabile, immarcescibile e…..!
Ma, subito dopo ed insieme sullo stesso piano,
vorrei sistemare
tutte
le altre creazioni di Rollei.
Fra esse merita un posto al sole la tipologia
Monoreflex 35 mm o, detta all’inglese, SRL 35
mm.
Rollei si affacciò a questa fascia di mercato
con una sorta di complesso di superiorità; “è
necessario farlo, e noi lo faremo a modo nostro”,
ecco lo spirito con cui si diede inizio al
progetto.
Se il “modo nostro” fosse stato ispirato alla
solita originalità di progetto cui ci aveva
abituato mamma Rollei, ne sarebbe nata un’altra
rivoluzione; ne nacque invece un mezzo “aborto
commerciale”.
Non si spiega altrimenti come mai si sia dato il
“la” a tale produzione con una macchina, di
fatto nata già superata; non che Rollei fosse
sola in questa sorta di pernicioso “karakiri”
commerciale in quanto Zeiss Ikon, tanto per non
fare nomi, faceva buona compagnia.
Il progetto di una reflex 35 mm marcata Rollei
risale al…..: difficile dirlo. Le male lingue
affermano che la fonte sia da ricercarsi
nientemeno che nella…..Asahi Pentax Spotmatic
apparsa in prototipo nel 1960 ed in regolare
produzione nel 1964! Certamente non fu così ma
sospette similitudini tra la reflex con occhi a
mandorla e la nostra SL35 vi sono certamente.
Sta di fatto che nel 1970 venne presentata la
prima reflex 35 mm marcata Rollei, ed era la SL
35.
Ma ora vediamo un po’ più da
vicino questa
macchina:
La costruzione è estremamente solida, ben
rifinita e senza fronzoli; certamente i
progettisti non persero il sonno per riempirla
di funzioni inutili; anzi, c’è appena lo stretto
necessario, nulla più! |
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Il corpo macchina è ben
proporzionato, sviluppato più in orizzontale e quindi leggermente più
lungo di ciò cui oggi siamo abituati; gli spigoli laterali sono stati
smussati e rendono elegante la linea generale. Sul fronte troviamo
solamente la levetta dell’autoscatto su un lato e sull’altro i
contatti per il flash (X ed FP) insieme al pulsante rosso di sblocco
dell’ottica; è pregevole l’aggiunta di un piedino sotto il bocchettone
di attacco dell’ottica, in funzione di appoggio ad evitare che la
macchina cada in avanti. Il tettuccio della macchina è assai spartano,
come il resto d’ altronde; a sinistra il manettino per il
riavvolgimento film con annessa finestrella con il contapose additivo.
Sulla destra il selettore delle velocità con tempi da 1 sec. a 1/1000
+ posa B; coassiale ad esso il pulsante di scatto e il dischetto per
impostare la sensibilità del film, con un’ eccezionale escursione da
12 a 6400 ISO. Da notare che il pulsante di scatto è costituito da un
dischetto con i bordi zigrinati per una miglior presa quanto…..si
svita e si riavvita; esso è infatti avvitato sulla presa filettata per
l’autoscatto e risulta comodo in quanto distribuisce la pressione del
dito su un’area maggiore. Lo stesso sistema è stato adottato sulle
biottica 2,8FX ed è stato battezzato come “soft touch”; lateralmente
al pulsante di scatto c’è un bel tasto nero di dimensioni generose. E’
questo il particolare che qualifica la macchina come appartenente ad
una generazione sorpassata; infatti ha la funzione di chiudere il
diaframma al valore effettivo di lavoro, il vecchio e caro
“stop-down”. Per effettuare la misurazione esposimetrica è necessario
premerlo e nel contempo ruotare l’anello dei diaframmi fino a far
coincidere l’ago del galvanometro, visibile nel mirino, con una
mezzaluna con funzione di corretta esposizione; niente LED, niente
tacche di riferimento, solo spazio in alto e basso per evidenziare la
sovra o sotto esposizione. Effettuata la corretta impostazione si
rilascia il pulsante e si sposta il dito sul pulsante di scatto;
metodo superato, certamente, ma efficace e alla fine dei conti sempre
sicuro. Ovviamente questa manovra ha l’effetto di oscurare lo schermo
di messa a fuoco, ma comporta anche il positivo risultato di
evidenziare immediatamente la profondità di campo. Ricordiamoci che
oggi andiamo in bestia nel constatare che le reflex moderne non hanno
che in pochissimi casi la possibilità di visualizzare la profondità di
campo, e ciò ci viene spacciato per un “plus”; nella SL35 era invece
gratis!
Sul retro della macchina,
completamente libero, solo la dicitura di origine “Made in Germany” o
“Made in Singapore” di sensibile importanza per il collezionista in
quanto le “Made in Germany” hanno un valore maggiore anche sia causa
della fama non cristallina riguardo la minore affidabilità delle
produzioni Singapore, sia a causa delle diverse quantità di
produzione: 24.500 Germany contro 118.500 Singapore. Le versioni
furono con corpo cromato o totalmente nero, ma non vi sono dati circa
la ripartizione quantitativa tra di esse. Insieme agli obiettivi di
serie, Planar 50/1,8 anch’esso Made in Germany o Singapore, fu
costruito per la SL35 un completo sistema di ottiche ed accessori,
tutti di ottima qualità ed ancor oggi facilmente reperibili.
Da notare che era data come
opzione la possibilità di dotare la macchina con lo Schneider Xenon
50/1,8 il cui schema ottico a 6 lenti in 4 gruppi era diverso dallo
schema dello Zeiss Planar a 7 lenti in 6 gruppi; identici sono invece
gli schemi del Planar 50/1,4 o 1,8 in quanto la luminosità non influì
sul progetto.
L’esposimetro della SL35 è a
lettura media con prevalenza centrale, con una cellula al CDS
alimentata da una batteria PX13 (PX 625) da 1,35 volts la cui durata è
molto lunga non avendo altri ammennicoli elettrici da far funzionare;
da precisare che la reperibilità di un’adeguata alimentazione oggi non
è più un dramma come qualche anno addietro. Ne abbiamo più volte
parlato e chi volesse rinfrescarsi la memoria può rivisitare il sempre
splendido sito, alla sezione “Il vaso di Pandora”.
www.nadir.it
Vi riporto però quanto scritto da
un fotoriparatore “...dati i circuiti di vecchio tipo ad alta
resistenza, la batteria originale al mercurio può essere sostituita
senza problemi, nonostante la leggera differenza di voltaggio con una
pastiglia alcalina di eguale formato: al massima sarà necessaria una
leggera taratura del galvanometro…” (fotografare, dicembre 2002). Se
però teniamo conto dell’elevata tolleranza delle moderne pellicole
(negative) ricaviamo una tranquillità quasi totale.
Una annotazione a parte per la
baionetta di attacco delle ottiche; essa è particolare e fu denominata
Rollei QBM Mount. La produzione dedicata alla SL35 non dispone del
simulatore del diaframma, modifica che verrà invece apportata sulle
produzioni successive, destinate alle “elettroniche” SL35M - SL35ME -
SL35E. Alla fine della produzione delle reflex 35 mm di Rollei
troveremo ben cinque baionette in progressione tecnica,
contraddistinte dalle sigle: QBM I - QBM II - QBM III - QBM IV - QBM
V; fortunatamente l’attacco fisico è compatibile a tutte, ma le
caratteristiche tecniche danno una compatibilità solo verso il basso.
In pratica, la SL35 può montare e lavorare regolarmente con un
obiettivo della SL35E ma quest’ultima quando monta un obiettivo
originario per la SL35 perde alcuni automatismi.
In quanto all’otturatore, esso
esprime un concetto assolutamente convenzionale per le macchine
nipponiche contemporanee (di qui l’accusa di plagio…) con una tendina
gommata a movimento orizzontale; tempi da 1 sec. A 1/1000 con sincro
lampo ad 1/60 e funzionamento assai fedele ed affidabile nel tempo. La
SL35 è certamente un acquisto raccomandabile per alcuni buoni motivi;
il puro collezionista deve avere la prima reflex 35mm di
Rollei, meglio se Made in Germany, mentre chi ama anche usare spesso
le macchine troverà una meccanica pura, robustissima, affidabile e
pressochè indipendente dalle pile.
Roberto
Mirandola
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