Rollei 16, ovvero la Minox
reinterpretata da Rollei.
Non sono mai stato un grandissimo estimatore della Minox, fino al
giorno in cui un mio carissimo amico mi ha regalato nientemeno che
una Minox B Black!
Confesso che sono rimasto allibito nel rimirare quel piccolo-grande
gioiello di ottica e micromeccanica; per molto tempo ho pensato che
nessuna macchina avrebbe potuto rivaleggiare con simile creazione
dell’umano ingegno,
finchè…..
Da
fedele estimatore del marchio Rollei, un giorno ho deciso che mi
sarebbe piaciuto acquistare pian piano tutte le macchine prodotte
dal mio marchio preferito; e, con un pizzico di tenerezza, anche le
“piccoline”.
Fra queste, con riluttanza poiché è uno dei pochi modelli che non ci
concede più la possibilità di essere usata per fotografare su
pellicola, anche la
Rollei 16.
Le
sensazioni di cui adesso parlerò credo saranno comuni a quanti
vorranno provare a tenere fra le mani una Rollei 16; sorpresa,
ammirazione, incredulità……
Sono consapevole che parlo mentre viviamo l’era digitale, ma essendo
nato a metà del secolo scorso ho vissuto in pieno l’era della
meccanica di precisione, quindi…
La
Rollei 16 è un piccolo gioiello, c’è ben poco da dire per
descriverla con poche parole.
Non è certamente una “spy camera” come la Minox, anzi tale raffronto
è, più che azzardato, ridicolo. Ma con grande probabilità non voleva
esserlo nemmeno a livello progettuale. Faccio tale precisazione
perché gli estimatori di Minox potrebbero, a ragione, ritenermi un
pasticcione.
Aggiungo anche che, guardando al presente, la Minox è tutt’ora
godibile pienamente in quanto vengono ancora prodotte e
commercializzate le pellicole negli appositi caricatori. Nulla del
genere accade purtroppo nel caso della Rollei 16!
La
Rollei 16 fu creata per una clientela di fotoamatori raffinati, non
di spioni; per fotoamatori raffinati intendo i fotografi che
desideravano una fotocamera piccola ma tale da poter usare negativi
le cui dimensioni consentissero un ingrandimento 12x18 dalla qualità
ancora notevole; inoltre la macchina doveva avere una maneggiabilità
ancora normale ed un costo tutto sommato accessibile.
La dote di una maggior ergonomia rispetto alla Minox
fu ottenuta, non così si può dire di una maggior accessibilità del
costo; difettuccio questo che possiamo imputare ancor di più alle
Minox attuali di alto bordo il cui costo si aggira sui 1.700,00 Euro
per la TLX Anniversay. E’ pur vero che vi sono anche due versioni
più “abbordabili" quali la ECX e la modesta MX il cui costo si
aggira rispettivamente sui 400,00 e sui 130,00 Euro, ma sono
macchine ormai solo da “pasionari”.
Ma veniamo ai raffronti dell’epoca. Nel 1978 questi
erano i costi di mercato ricavati dall’edizione dell’Almanacco di
Fotografare: Minox C Lire 110.000 – Minolta 16 MGS Lire 69.000 –
Edixa 16M Lire 28.000 – Rollei 16S Lire 123.000 ! Vi è da segnalare
che a fronte di una dimensione veramente minima della Minox faceva
da contraltare una maggior sofisticazione della Rollei 16S.
Annotiamo, per curiosità, che in quell’edizione
dell’Almanacco questi erano i prezzi delle altre Rolleiflex: 2,8F
Planar Lire 280.000” – 3,5F Planar Lire 246.000 – Rolleiflex T Lire
190.000 – Rolleicord VB Lire 103.000 – SL66 Lire 690.000 – Tele
Rolleiflex Lire 319.000 – Rollei 35 Lire 117.000 .
La
Rollei 16 vede la luce nel 1963 ed è la prima di quella nutrita
serie di macchine che, con felice espressione, Arthur Evans definì
“The Miniatures”; di tale schiera fecero parte le SL26, le A26, le
A110 e le E110 e quindi, dulcis in fundo, tutta la lunghissima serie
delle Rollei 35.
Il
concetto guida fu ancora una volta, ma forse non sarebbe necessario
ripeterlo, la ricerca della qualità a tutti i livelli; ottica,
meccanica, ergonomia, originalità, robustezza sono infatti
peculiarità che ritroviamo nella Rollei 16, così come nelle
Rolleiflex di maggior calibro.
La
macchina ha tutto, ma proprio tutto, ciò che un fotografo evoluto
avrebbe potuto chiedere in quegli anni. Il corpo è tutto di metallo
con una cromatura di eccellente qualità; in ciò parrebbe uscita
dalle linee di produzione delle migliori Voigtlander.
Le
parti frontale, posteriore e laterali sono ricoperte da un’ottima
pelle ad effetto “lucertola”; il frontale contiene sia la cellula
dell’esposimetro Gossen al selenio che l’obiettivo, quest’ultimo
celato da un’antina che si sposta lateralmente solo all’apertura
della macchina per l’uso; in questo il meccanismo si ispira
sicuramente alle Minox.
L’obiettivo è un’eccellente CARL ZEISS
TESSAR dalla focale 25mm f.2,8 di cui parlerò più diffusamente
oltre.
Il
lato destro del corpo mostra l’attacco per il flash dedicato insieme
ad un braccetto mobile che ospita l’anello per la catenella di
trasporto. Il tutto è di notevole robustezza!
Il
fondello della macchina contiene invece un
selettore rotondo dalla
circonferenza zigrinata per una migliore manovrabilità; leggermente
di lato vi è la finestrella protetta da una lente in vetro con la
numerazione dei diaframmi.
Il
selettore prevede la scelta fra l’automatismo totale di esposizione
commutando su “A” , fotografie a priorità di diaframma commutando su
“B”, oppure con l’uso del flash commutando sulla ghiera in cui
compare il simbolo a freccia.
Sul tetto della macchina, partendo dalla sinistra, troviamo invece:
a)
Il manettino per il
riavvolgimento pellicola;
b) Il pulsante di scatto
filettato per poter accettare il flessibile;
c) Una finestrella su cui
compare la distanza di messa a fuoco espressa sia in metri che in
feet; tale distanza si regola mediante una rotellina zigrinata posta
vicino alla finestrella.
d)
Il selettore della
sensibilità pellicola con i valori di correzione per consentire
l’uso dei filtri.
L’apertura della macchina avviene tirando la fiancatine sinistra
verso l’esterno agendo in contemporanea su un piccolo pulsante di
sgancio posto inferiormente; l’apertura arma contemporaneamente
l’otturatore ed avanza la pellicola.
Una volta aperta la macchina ci si trova ad osservare
il mirino che
a me pare un piccolo capolavoro di ottica e meccanica; vi sono
posteriormente la finestrella di mira ed anteriormente la lente di
mira con un effetto di rimpicciolimento dell’immagine inquadrata.
La
finestrella posteriore di mira è pieghevole in modo da rientrare con
la massima facilità e con il minimo ingombro. Su di essa, in
posizione interna, sono state stampate due cornicette che segnalano
l’inquadratura a seconda che si sia innestato l’aggiuntivo tele o
quello grandangolare. Tali cornicette sono in vernice argentata e
molto ingegnosamente si riflettono sulla parte interna della lente
anteriore di mira.
Sul bordo destro della lente anteriore di mira, ma staccato da essa
ed in posizione leggermente avanzata, vi è un piccolo prisma che ha
il compito di rimandare una luce verde che si accende quando
l’esposimetro della macchina ha stabilito che vi è luce sufficiente
alla ripresa. Assolutamente ingegnoso e commovente, se si pensa alla
moderna tecnologia a base di LED.
L’apertura della macchina agisce anche sull’antina che ricopre
l’obiettivo; essa si sposta solidalmente con la fiancatine sinistra
scorrendo quindi verso sinistra.
Lo
scatto è leggerissimo ed ha il tipico rumore di un meccanismo di
sgancio che liberi l’otturatore; è una musica che rende ridicolo lo
scimmiottamento del rumore degli otturatori che presentano molte
moderne macchine digitali!
L’otturatore ha tempi di posa da 1/30 a 1/500 con valori diaframma
da f.2,8 sino ad f.22.-
Una volta scattata la foto la macchina si richiude con un leggero
sforzo e in questo modo protegge tutte le parti mobili, sia ottiche
che meccaniche, da urti o cadute.
L’apertura del dorso posteriore avviene invece agendo con
delicatezza su una levetta rotonda che si trova internamente al
mirino; tirandola verso l’alto si sgancia la sicura e tutto il dorso
si apre verso destra. Caricato il piccolissimo rocchetto di
pellicola, si richiude prima il dorso e poi il corpo macchina. Alla
prossima riapertura la macchina sarà pronta allo scatto.
Un
cenno ora all’obiettivo: esso ha una focale di 25mm ed il suo angolo
di campo è di 45° pari all’incirca ad un 50mm sul formato 24x36;
esso però accetta due aggiuntivi i quali portano la lunghezza focale
a 16mm con angolo di campo 65° che equivale ad un obiettivo di 32mm
sul negativo 24x36, oppure a 42mm con angolo di campo 27° pari a
circa 90mm sul formato 24x36. Si ha quindi la possibilità di una
piccola triade di focali che vanno dal leggero grandangolo, al
normale ed al leggero tele.
La
messa a fuoco varia da 0,40 cm. sino all’infinito ma regolando la
distanza sui 3 metri si ha tutto a fuoco da metri 1,5 sino
all’infinito.
Non voglio dilungarmi oltre se non per aggiungere che anche per la
Rollei 16 erano disponibili gli “Accessori Complementari”; troviamo
infatti un accessorio “intermedio per treppiedi”, la catenella
graduata per misurazioni di precisione nel caso di riprese
ravvicinate e per trasporto, la borsa in pelle, i filtri colorati ed
i due aggiuntivi ottici Mutar Tele 1,7 e Mutar Grandangolo 0,6.
E’
un vero peccato che non sia più possibile reperire le pellicole da
16mm con perforazione unilaterale da cui si ricavavano immagini in
formato 12x17 con pellicole Bianco/Nero, Colori e Diapositive!
Naturalmente Rollei non fu la sola a percorrere la strada del
formato 16mm. Fecero infatti compagnia alla Rollei 16 altre macchine
memorabili quali:
Minolta 16,
Meopta Mikroma II,
la bellissima
Mamiya 16,
la Feinwerk Mec 16SB, la Ricoh 16, la Rubina II ed il
piccolo gioiello Golden Steky.
Un cenno a parte merita la più bella
realizzazione dell'Industria fotografica italiana,
la GA MI,
un
autentico fuori classe al quale sarà dedicata apposita pagina di
questo sito.
Tutte macchine che appartengono ormai alla storia ma che è
bellissimo tenere fra le mani, non fosse altro che per godere della
loro precisione costruttiva sia a livello ottico che micromeccanico.
Per chi volesse approfondire, vorrei suggerire alcuni siti internet
che dedicano spazio a queste “piccoline”; fra gli altri:
http://www.cameraquest.com/rollei16.htm
e
http://de.wikipedia.org/wiki/Rollei
Roberto
Mirandola
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