A chiusura della prima versione del paragrafo
dedicato alle Rollei digitali facevo cenno alla
commercializzazione ormai imminente di una digitale, Leica nelle forme
classiche e nella docilità al volere dell’operatore.
In quell'occasione avevo formulato come
ipotesi fantastica un sogno che potrebbe anche
diventare realtà e magari dar vita ad un successo commerciale.
Ma intanto ho fra le mani la nuova creatura
della Leica e voglio rendervi partecipi in qualche modo delle
sensazioni che ne scaturiscono.
L'ingresso della Leica nel mondo del digitale
risale ad alcuni anni addietro.
Nel catalogo 1998 è presente una
Digilux
da 1,5 megapixel venduta a lire 1.850.000.
Nel numero di aprile 1999 di Fotografia Reflex
vi è la prova della Fuji MX -700, in pratica la stessa macchina senza
il prestigioso nome, venduta a 200.000 lire in meno.
L'apparecchio è grazioso ma denuncia palesemente origini spurie poiché
non somiglia a nessuna fra le macchine fotografiche tradizionali.
La politica commerciale della Leica cambia
completamente alla fine dell'anno 2002 quando, in luogo di una
digitale commercializzata per esser presente su quel mercato, senza
pretesa di offrire qualcosa che possa appagare gli appassionati del
marchio, compare la Digilux I
che merita veramente di portare il
bollino rosso.
La forma è ora quella di un classico apparecchio
fotografico e l'operatore ha la possibilità di intervenire sulla
regolazione dell'apparecchio o affidarsi all'automatismo. Ma
soprattutto l'obbiettivo è un Vario Summicron di produzione Leica.
Rimangono ancora talune caratteristiche che denunciano la derivazione
dalle compatte , come il flash incorporato che, per la vicinanza
all'obbiettivo fa temere l'effetto occhi rossi.
Ma con la Digilux II, giunta in Italia a fine
febbraio 2004, al prezzo ufficiale di € 1.870, abbiamo finalmente un apparecchio che nell'aspetto si
affianca degnamente alle classiche Leica e nelle prestazioni si rivela
uno strumento potentissimo.
In effetti la
somiglianza con una M6, sulla
quale ho montato un Summilux 75/1,4 è impressionante.
Ma la nuova macchina è stata evidentemente
pensata non solo per risvegliare la passione degli
appassionati con una presentazione che ricorda lo stile di famiglia,
ma anche per consentire ai fotografi tradizionalisti di
continuare a lavorare col vecchio metodo e sfruttare le possibilità
offerte dalla tecnologia digitale solo quando lo ritengono utile.
E ancora la nuova creatura rende evanescente il
confine tra la macchina a telemetro e la reflex.
Ma cominciamo da quest'ultima caratteristica.
La notizia che un mirino digitale,
utilizzabile in alternativa al display, sostituisce quello ottico può
fare storcere la bocca a coloro che sono abituati a mirare con calma e
seguire il soggetto per cogliere il momento migliore. Ma il nuovo
mirino, studiato per consentire agevole visione anche ai portatori di
occhiali i quali possono regolarlo nel modo più adatto, ha una
luminosità ed una fedeltà di immagine veramente eccezionali,
paragonabili alle migliori reflex. Sono visibili i dati
fondamentali della regolazione e la messa a fuoco manuale riesce
agevole poiché la porzione centrale viene automaticamente ingrandita
mentre si agisce sulla relativa ghiera. La copertura, secondo il
costruttore, non sono in grado di fare riscontri, è pari al 100% del
campo di ripresa.
A questo punto mi domando se ha senso continuare
a produrre reflex digitali con un meccanismo di sollevamento dello
specchio inevitabilmente rumoroso, tale da comportare il rischio del
micromosso e comunque soggetto a degrado se non altro per
invecchiamento degli indispensabili elastomeri di fermo. Se mai
qualche vantaggio, per le foto d'azione viene offerto dal classico mirino della Leica M6
le cui cornicette consentono di cogliere il particolare importante o
l'elemento di disturbo un attimo prima dell'ingresso in campo. Ma
questa visione al di fuori del campo inquadrato non esiste per le
reflex e quindi il nuovo mirino elettronico ha al confronto tutti i pregi e nessun
difetto.
Ma restiamo all'oggetto che sto esaminando e
lasciamo ai costruttori le scelte di mercato.
La messa a fuoco può essere effettuata
manualmente oppure delegata all'autofocus che ha anche una posizione
macro.
Sul dorso della macchina è presente la
rotella di regolazione dei tempi fino a 1/2000, nel tipico stile
Leica, con una posizione automatica che può spingere la rapidità di
scatto fino a 1/4000.
Anche il diaframma può essere regolato
manualmente oppure affidato all'automatismo.
In sostanza è possibile dimenticare che stiamo
usando una digitale con tutti i possibili automatismi e lavorare come
con una
M3, oppure operare a priorità di tempi, di diaframmi e in totale
automatismo programmato.
L'obbiettivo zoom copre il campo offerto negli
apparecchi 35 mm dalle focali da 28 a 90 mm, in pratica quelle che si
possono usare senza problemi di deformazione prospettica o di
micromosso se non si dispone di un treppiede. Le indicazioni si
riferiscono appunto a tali focali per dare un'idea del tipo di
immagine che si sta realizzando. La ghiera che varia la
focale è comandata a mano e questo è un vantaggio poiché tutti abbiamo
esperimentato la .. caparbietà degli zoom motorizzati i quali, oltre
ad assorbire corrente preziosa, vanno piano o forte secondo una loro
logica che non corrisponde mai a quella dell'operatore e di fatto
obbligano a ripetuti aggiustamenti.
Il flash incorporato scompare completamente e
quasi non se ne immagina l'esistenza. In compenso può essere
posizionato in orizzontale o
inclinato di circa 60° sull'orizzontale,
in modo da realizzare il lampo indiretto. Tutti abbiamo esperimentato
quanto le compatte siano soggette al fenomeno degli occhi rossi e
quanto sia precario il rimedio offerto dall'emissione di uno o due
lampi preliminari. Nella Digilux II la distanza tra l'asse della
parabola del flash e l'asse dell'obbiettivo è tale che il fenomeno
dovrebbe essere ridotto; in ogni caso
l'inclinazione di 60
° elimina ogni rischio, sia pure riducendo la quantità di luce che
raggiunge il soggetto.
Vi è una slitta che può ospitare un flash
esterno con collegamento a punto caldo e, con l'apposito adattatore, comandare qualsiasi flash esterno. Ma la possibilità di impiegare un
lampeggiatore autonomo comandato da fotocellula consente di
usare il flash incorporato puntato in alto al fine di dare
un'illuminazione di fondo e comandare la luce del lampo aggiuntivo (o
dei lampi ) orientati secondo una scelta dell'operatore.
Ovviamente sono presenti tutte le funzioni
tipiche delle macchine elettroniche e ciascuno è libero di
lavorare come meglio ritiene.
Il sensore mette a disposizione 5 megapixel ,
che possono sembrare pochi, ora che è in corso una gara a chi ne offre
di più.
In pratica ho regolato a 2048 x 1536 pixel,
ottenendo su una card da 64 Mb circa 45 immagini del peso medio di un
Mb.
Di seguito vi mostro qualche immagine,
ovviamente alleggerita, che a me
sembra molto buona.
Laguna tra gli alberi (dal treno in corsa)
Gabbiani
sul Tevere
Suk sul ponte
Mi riservo di farle stampare in laboratorio
con procedimento chimico al formato 30 x 40, per effettuare un
confronto con i risultati che ottengo da una Leica M6. L'esito a
favore della macchina tradizionale è scontato, ma ho la sensazione che
la nuova digitale faccia molto bene il proprio dovere. Visti i
risultati aggiornerò questa pagina e vi farò sapere se proprio si
devono rimpiangere i megapixel in più o se non è meglio investire
nell'ottica, come è stato fatto evidentemente in questo caso. Intanto
notate il buon risultato di uno scatto a 1/2000 dal treno che corre a
150 kmh, ovviamente attraverso il doppio vetro (sporco) di una vettura
climatizzata e ancora la mancanza di vignettatura pur se il cielo di
Roma era saturo come lo si vorrebbe vedere sempre.
E il parallelo con la Dk 3000?
Diciamo la verità, il collegamento più concreto
è dato dalla circostanza che le foto della Digilux II le ho realizzate
con la Dk. Un confronto è ovviamente improponibile e non solo perché
il rapporto di prezzo è circa 4 a 1.
La Dk è un prodotto ben realizzato allo scopo di
assicurare la presenza del marchio in un settore in espansione: le
prestazioni sono adeguate al suo standard e se si vuole un apparecchio
d'appoggio che può stare comodamente nel taschino e al momento buono
offre una riserva di scatti, possiamo benissimo indirizzare in quel
senso le nostre scelte. Certo le foto scattate con una Rollei 35 a
pellicola saranno sempre migliori ma i vantaggi del digitale si
possono anche pagare con un modesto scadimento delle prestazioni,
almeno se partiamo dal presupposto che le foto impegnative saranno
sempre fatte con la biottica.
La Digilux II è nata con lo scopo di fornire un
prodotto che usa la tecnologia digitale a coloro che vogliono operare
comunque di regola con metodo tradizionale e solo eccezionalmente si
servono degli automatismi, comunque presenti e di altissimo livello.
Non può essere utilizzata come macchina di appoggio poiché l'ingombro
è lo stesso di una biottica 6x6; il peso è di poco inferiore
ma la forma ne rende meno agevole il trasporto. E poi le digitali per ora
non sono fornite con una borsa pronto e questo le rende più delicate e
di fatto meno trasportabili. Però la versatilità dell'oggetto, l
presenza di uno zoom di alta qualità e di un flash incorporato sempre
a disposizione nonché la possibilità di far ricorso agli automatismi
quando non vi è tempo di fare troppi studi, fanno venir voglia di
portare in una borsa, di cui ancora devo individuare tipo e
caratteristiche, una biottica e la Digilux; del resto nelle mie ultime
ferie ho portato con me due biottica, una Leica M6, una compatta
reflex ed una Rollei 35, usandole ogni volta con soddisfazione per gli
scatti che ritenevo più adatti alle loro caratteristiche.
Spero che questa anteprima, che sarà aggiornata
a breve vi sia riuscita gradevole.
Altair
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