Rollei con ottiche
intercambiabili
e Mamiyaflex
Parlare per paradossi talvolta
aiuta a introdurre argomenti la cui trattazione non sapremmo
altrimenti giustificare .
La pagina Rollei e il resto del
mondo è nata con l'intento di prospettare una serie di vite parallele
tra prodotti Rollei e quelli di altri costruttori. Poi il desiderio di
parlare di un prodotto innovativo ci ha già portato
a formulare un confronto tra Leica Digilux II e Rollei Dk 3000, per vero poco proponibile. L'interesse per una
biottica insolita nel suo genere ci invita a ricercare lo spunto (confessiamo: il pretesto) per
uscire ancora una volta dall'universo Rollei. E così parliamo di due
apparecchi che, pur avendo a base un'unica idea, hanno avuto destini tutt'altro che paralleli dal momento che uno non è andato al di
là del prototipo, l'altro è stato realizzato in migliaia di esemplari ed
ancora viene usato da numerosi professionisti.
L'idea che accomuna la Rolleiflex
ad ottiche intercambiabili e la Mamiyaflex è la stessa: se la focale di
75 o 80 mm che normalmente equipaggia la biottica non sempre soddisfa
le nostre esigenze, consentiamo la sostituzione dell'intero gruppo,
anteriore, comprensivo della coppia di obbiettivi, di mira e di presa.
Garantiamo la chiusura della camera di presa con apposita antina
mobile, in modo da consentire il cambio delle ottiche ad apparecchio
carico e lasciamo all'estro dell'operatore la scelta della focale più
adatta.
La F&H ha sviluppato tale idea
partendo da un corpo già esistente, quello della 2,8 E. Il Planar 2,8
di normale dotazione poteva essere sostituito da un Distagon 5,6/60 mm
e da un Sonnar 4/135.
Angelo Derqui dedica la pagina 133
del suo libro Le Biottiche moderne a questo prototipo e ci offre nelle
pagine successive due immagini ben chiare, del corpo macchina e dei
frontali grandangolare e tele, dalle quali risultano palesi taluni
dati significativi.
La cortesia dell'Autore ci
consente di mettere in linea la scansione delle due immagini, (per vero
assai scadente, non siamo riusciti a fare di meglio con lo scanner a
nostra disposizione); appaiono evidenti i robusti
chiavistelli che tengono in sede le parti mobili e la
sicurezza, collegata al volet di chiusura.
Gli
obbiettivi usati sono gli
stessi che andranno ad equipaggiare grandangolo e tele, ovvero il
Distagon 60/4 e il Sonnar 135/4.
Il prototipo suscitò molto
interesse ma la produzione non fu mai avviata per decisione dello
stesso Heidecke, forse per scarsa fiducia nella possibilità di
diffondere un apparecchio del genere.
Il complesso, costi a parte,
sarebbe risultato certo più trasportabile di un trio di Rollei e,
rispetto all'impiego degli aggiuntivi Mutar (cui ci riserviamo di
dedicare apposito paragrafo) i risultati sarebbero stati certo migliori. Verosimilmente la scala metrica riportata sul bottone di messa a fuoco
sarebbe stata valida per un solo obbiettivo e così pure il mirino a
traguardo, ma quest'ultima limitazione sussiste, per le ottiche
grandangolari (non per i teleobbiettivi per i quali è prevista
apposita finestrella di riduzione) anche per la
Mamiyaflex che pure ha avuto un notevole successo tecnico e commerciale.
Sicuramente la messa a fuoco del teleobbiettivo partiva da tre metri circa, ma tale limite affligge anche la tele che
pure fu commercializzata. Le ragioni della scelta non sono
quindi del tutto chiare.
Ai collezionisti rimane il
rimpianto di non potersi contendere questo miracolo della tecnica che,
pur con le limitazioni inerenti alla tipologia, avrebbe ancora molto
da offrire.
Ennesima provocazione di Altair:
visto che è stata imboccata la strada delle repliche, non sarebbe
forse un successo commerciale la comparsa sul mercato di questo
prototipo, finalmente messo in produzione?
Ma passiamo alla Mamiyaflex.
Più che di un apparecchio si deve
parlare di un sistema completo, pensato per far fronte a tutte le
esigenze di un professionista che lavora all'interno di uno studio e
anche all'esterno, senza preoccuparsi di peso e ingombro.
I limiti dati dalla differente
escursione della piastra porta obbiettivi in funzione della lunghezza
focale sono stati superati mediante un soffietto che consente
agevolmente la messa a fuoco delle focali più lunghe anche a breve
distanza. Le ottiche in dotazione vanno dalla lunghezza focale di 55
mm a quella di 250 mm. La scala di messa a fuoco può essere commutata
in funzione della lunghezza focale. Tra gli accessori, oltre a schermi
di vario genere, filtri e paraluce vi sono anche due modelli di pentaprisma.
Non vado oltre nella
descrizione dell'apparecchio poiché le notizie fornite in questo sito
non vogliono far concorrenza al libretto d'istruzioni.
Suggerisco a chi vuole saperne di più di leggersi l'ottimo capitolo, a
pag. 188
del libro che riporta articoli tratti dalla Rubrica l'usato sicuro apparsi sulla Rivista Fotografare, Edizione Cesco Ciapanna, 50
fotocamere senza segreti). Lo scritto è interessantissimo poiché
fornisce tutte le notizie necessarie per un corretto impiego di
apparecchio e accessori, di cui offre una panoramica completa.
Segnalo poi l'indirizzo
www.lungov.com/wagner/004c.html
ove potete trovare una suggestiva
immagine dell'apparecchio con obbiettivo da 135 mm e mirino
denominato Porroflex, con un sistema a specchi che restituisce
l'immagine dritta e non invertita e ancora
www.btinternet.com/~g.a.patterson/mfaq/m_faq-contents.html
ove potete trovare una vera
miniera di dati tecnici.
Passo invece a
svolgere alcuni
rilievi pratici, frutto della mia esperienza, per vero limitata, sia
per quantità del materiale a disposizione, sia per uso solo
occasionale. Non metto in linea immagini poiché fino ad ora ho usato
l'apparecchio in mio possesso per foto dei nipoti e prudenza consiglia
di non mettere in rete immagini di minori, ma vi assicuro che i
risultati sono stati interessanti.
La Mamiyaflex non ha la praticità
d'uso di una Rolleiflex. Il peso del complesso, anche con un solo
obbiettivo, è dell'ordine di un paio di chili ed l'ingombro è
notevolmente superiore rispetto ad una biottica classica. La dotazione
minima di un grandangolo e un teleobbiettivo aggravano la situazione.
La forma, pur se squadrata, è ricca di protuberanze e asperità che
sembrano fatte apposta per impigliarsi nei vestiti. Vien fatto di
ripetere un'osservazione che ho trovato al primo indirizzo sopra
menzionato:
l'apparecchio è costruito in Giappone ma il disegno fa pensare ad un
progetto sovietico. La mancanza di una
borsa pronto (che invero somiglierebbe a un bauletto), pregiudica
ulteriormente la maneggevolezza.
Tutto ciò non interessa molto chi
lavora all'interno di uno studio o comunque di un'abitazione e può
quindi tranquillamente servirsi di treppiede e di banco di appoggio o
chi considera l'apparecchio fotografico non come un compagno di
viaggio ma come un motivo di viaggio e si attrezza di tutto
ciò che può riuscire utile, a partire da un robusto sostegno.
La gamma delle focali disponibili
è notevole: 55/3,5, 65/3,5, 80/2,8, 105/3,5, 135/3,5, 180/4,5,
250/6,3. Una
così ampia scelta di ottiche, ciascuna col proprio otturatore centrale sincronizzato su tutti i tempi, offre notevoli possibilità all'amatore
delle foto del paesaggio come al ritrattista e all'operatore da
cerimonia.
Per quest'ultimo l'aspetto
maestoso delle attrezzature può esser anzi un vantaggio poiché il
grosso pubblico è portato ad attribuire un effetto preponderante agli
strumenti rispetto all'abilità di chi se ne serve, pur se, come gli
appassionati di fotografia ben sanno, è vero il contrario. Un
professionista di cerimonie il cui negozio frequento usa normalmente
una Mamiyaflex assieme ad altro apparecchio di sicurezza e mi ha
segnalato l'estrema praticità dell'obbiettivo da 65mm,
equivalente ad un 35 mm per il formato Leica, che consente buone
riprese senza deformazione prospettica di rilievo. Per i matrimoni
egli predispone regola due serie di riprese, con l'ausilio
del flash con l'apparecchio di appoggio e a luce naturale con la
Mamiyaflex montata su treppiede, appunto con l'obbiettivo da 65 mm la
cui luminosità è sufficiente, con pellicola da 400 ASA, per scattare a
1/8 - 1/15 di secondo, con risultati suggestivi e insoliti.
Non si deve infine trascurare
l'aspetto economico: una Mamiyaflex in condizioni discrete, con ottiche
da 55, 65 e 80mm mi è costata 500 euro; altri 230 euro mi è costato un
tele da 180. La sola Telerolleiflex mi è costata più del doppio.
Il complesso è robusto ed
essenziale e la meccanica non dà luogo a sorprese. Si deve verificare
in concreto la compatibilità degli obbiettivi poiché alcune
particolarità costruttivi devono trovare corrispondenza nel corpo
macchina. Al riguardo si deve tener presente che del modello 330
esistono le serie, F ed S, distinguibili dalla
lettera
stampigliata sul frontale, in basso a destra per chi guarda le
ottiche
.
La lettera F ha una forma insolita che, ad un esame sommario, la può far
scambiare con la S. A parte alcune differenze costruttive minori, la
forma della leva che appoggia sullo scatto dell'obbiettivo è del tutto
differente e quindi le ottiche devono essere del tipo corrispondente.
Le ottiche da 80 mm in su recano appunto stampigliata prima del numero
di matricola la lettera che indica il modello per cui sono destinate.
Le ottiche da 55 e 65 mm che ho in dotazione non hanno alcuna lettera.
In ogni caso poiché gi acquisti possono essere effettuati solo sul
mercato dell'usato è consigliabile avere sottomano il proprio
apparecchio e fare le opportune verifiche.
I risultati sono ovviamente
buoni poiché le ottiche sono di qualità eccelsa e la differenza
rispetto a quelle montate sulle Rollei si avverte solo perché quel
poco che si perde in plasticità dell'immagine si acquista in
incisività della stessa.
Le conclusioni: dopo aver usato
una Rollei quanto basta per apprezzare la biottica, se volete ampliare
la gamma delle vostre dotazioni potete indirizzarvi ad una Mamiyaflex. Non
seguite il percorso inverso: rischiereste di incontrare difficoltà
eccessive e ... finireste per rivolgervi al mercato delle compatte.
Altair
* * * *
|