OoOoOoO
69,5x56 = 3.892;
24x36 = 864; 3892:864 = 4,5!!
Stiamo
dando i numeri?
No, abbiamo calcolato l’area utile di un
fotogramma della Mamiya 7 a telemetro su pellicola 120 e poi quella di
una qualunque macchina per pellicola 35mm; quindi ne abbiamo fatto il
rapporto. Risultato? Lo stesso fotogramma scattato con la Mamiya ha a
disposizione un’area che è 4,5 volte quella del formato 35mm.
Potrebbe bastare questo semplicissimo ragionamento a far capire perché
io mi sia invaghito di questa fotocamera, ma ciò sarebbe oltremodo
riduttivo.
In effetti, venendo dal mondo Rolleiflex in medio formato, mi ero già
abituato a fotogrammi che con tale macchine hanno un’area utile 3,6
volte quella del formato Leica.
In termini pratici è un po’ come fare un viaggio da Venezia a Cortina
su una bella e moderna monovolume Chrysler Voyager oppure su un bel
pullman granturismo; la tratta è la stessa, ma mentre nel primo caso
viaggiano 7 persone, nel secondo viaggiano ben 50 persone. E visto che siamo in tema di capienza, non è
fuori luogo ricordare che l'apparecchio consente la
scelta è fra
pellicola 120 e 220. Il pressapellicola sul dorso ha
due
posizioni:
ruotandolo di 180° si passa dal 120 al 220; in tal caso il
memofilm
sul retro ci ricorderà il tipo pellicola in uso mediante una
finestrella che visualizza la cifra 120 oppure 220;
il contapose
passerà automaticamente dalle 10 pose della pellicola 120 alle 20 pose
della 220. Il segnale appare sotto una simpatica tasca che può essere
utilizzata per inserire il talloncino ritagliato dall'astuccio della
pellicola o una piastrina di personalizzazione.
Ritornando al fotogramma, significa che uno scatto su pellicola 120
contiene molte più informazioni di uno scatto su pellicola 35mm;
naturalmente bisogna intendersi sul significato di “molte più
informazioni”.
Se scatto una foto al Partenone di Atene con una Leica 35mm e con una
Mamiya 6x7, il numero di colonne sarà sempre lo stesso! Non è che il
formato 6x7 me ne aumenti la quantità.
Ma il concetto di “molte più informazioni” inizia a prendere
significato quando noi facciamo, di tali scatti, una stampa di cm. 40x50
anziché cm. 13x18; sarà evidentissimo come il fotogramma 6x7 riveli
particolari, ad esempio della trama del marmo delle colonne, che
appaiono invece confusi nel fotogramma 35mm. La differenza sarà molto
più evidente se decideremo di ingrandire a 40x50 solo un particolare
del fotogramma!
Questo è solo uno dei motivi per cui molti fotografi professionisti,
pensiamo ad esempio ai paesaggisti americani, oppure ai fotografi di
moda o di matrimonio, preferiscono lavorare con il medio formato
anziché con il 35mm. Ci sono poi coloro che lavorano addirittura con
banchi ottici su formato ben maggiore, ma questa è tutta un’altra
storia, pur se basata sullo stesso concetto guida di “molte più
informazioni” contenute su un negativo.
La Mamiya 7 quindi, ha una grande capacità di restituzione fedele
della realtà. Per la verità ci sono altre due macchine similari che
avevo preso in considerazione: le Fuji a telemetro 6x7 e 6x9 la cui
qualità ottica è a dir poco impressionante! Tuttavia esse non
consentono l’intercambio dell’ottica; così nascono e così muoiono.
Ecco il secondo motivo che mi ha orientato verso la Mamiya 7; essa
dispone infatti di un parco ottiche intercambiabili che vanno dal
43mm, corrispondente ad un 21mm nel formato Leica, per arrivare al
210mm, equivalente ad un 105mm nel formato Leica.
A
questi due estremi si aggiungono un 50mm, un 65mm, un 80mm ed un
150mm, che sono pari ad un 25mm, 32mm, 39mm e 71mm nel formato Leica.
Da notare che sia l’ultragrandangolare 43mm che il grandangolare 50mm
ed infine i tele 150mm e 210mm hanno
in kit un mirino esterno con
correzione diottrica necessari per facilitare l’inquadratura.
I
riquadri luminescenti interni al mirino mostrano soltanto
le aree
inquadrate dai seguenti obiettivi: 65mm, 80mm, 150mm.
A
chi osserva che manca un teleobiettivo di grande potenza, pari ad
esempio ad un 180mm sul formato Leica, si può rispondere che la Mamiya
7 non nasce né per la fotografia naturalistica né per la fotografia
sportiva; quindi non si sente la necessità di teleobiettivi spinti.
Ecco quindi che siamo in presenza di una medio formato con
un’eccellente parco ottiche; ma fin qui nulla di diverso di ciò di cui
dispongono le sorelle Mamiya RB67 ed RZ67 reflex, oppure la stessa
Hasselblad. Anzi, a dire il vero, costoro hanno un parco ottiche ben
più cospicuo.
La vera differenza con le macchine che ho appena citato sta appunto
nel sistema di messa a fuoco: telemetro contro specchio reflex. In
tale differenza io ho ravvisato un grandissimo vantaggio per Mamiya 7,
che permette una rapida ed agevole messa a fuoco anche in situazioni
di luce scarsa. Il telemetro di Mamiya è grande, molto luminoso ed
ottimamente contrastato e le sue cornicette si adeguano
automaticamente all’ottica che si innesta. Quindi si vede sempre solo
una cornice nel mirino, quella appunto relativa all’ottica in uso.
La mancanza di
uno specchio reflex si è tradotta in un altro grande vantaggio a
disposizione della Mamiya 7; le ottiche infatti possono essere
NON RETROFOCUS ovvero con la lente posteriore che tocca
quasi la pellicola. Ciò ha enormemente semplificato lo
schema ottico
degli obiettivi, a tutto vantaggio di una resa ottica veramente
esemplare.
Ecco cosa dice in merito la scheda tecnica messa a disposizione da
Mamiya: “Dal punto di vista del progetto degli obiettivi, un
sostanziale punto a favore della fotocamera a telemetro è
rappresentato dalla scomparsa del vano dello specchio reflex e dalla
conseguente riduzione della distanza focale in corrispondenza della
flangia d’attacco. In tal modo la lente posteriore dell’obiettivo può
essere accostata sensibilmente al piano della pellicola e vengono
quindi eliminati anche diversi altri problemi tecnici. Ne deriva un
enorme guadagno di flessibilità nello studio di una soluzione che si
avvicini il più possibile alla teoria ottica ideale. Tanto per
cominciare, i vari gruppi che costituiscono l’obiettivo possono essere
disposti in contrapposizione quasi perfetta e quindi si previene sul
nascere qualsiasi aberrazione sferica o cromatica.” Naturalmente
ciò è comune anche alle ottiche per Leica a telemetro e per tutte le
altre macchine con tale sistema di messa a fuoco ed è maggiormente
valido quanto più l’obiettivo è grandangolare.
Ma dalla mancanza del box reflex deriva un altro grande vantaggio; la
macchina può avere dimensioni molto più contenute, e di conseguenza
minor peso. Ancora, la macchina non ha un otturatore a tendina ma un
otturatore centrale all’interno di ogni obiettivo.
Da queste ultime due particolarità esaminate derivano sia una totale
silenziosità che una totale assenza di vibrazioni indotte dai
movimenti di specchio e tendina; e non è poco!
E’ ben vero che
l’otturatore ha una velocità massima di 1/500 ma, non
essendo la macchina concepita per riprendere gare di Formula 1 o di
Moto GP, non si sente davvero la mancanza del 1/1000 di secondo; del
resto, sia le biottica Rolleiflex che le Hasselblad della serie 500
non hanno mai patito per tale mancanza!
L'otturatore
centrale, svantaggiato rispetto a quello a tendina quanto a
velocità massima (ma alzi la mano chi lavora abitualmente con tempi
oltre 1/250), offre però la ben più utile sincronizzazione su
tutti i tempi e non solo con speciali flash dedicati, dal costo
iperbolico e dal funzionamento non sempre sicuro, ma con qualsiasi
apparecchiatura.
Si aggiunge che il dialogo
fotocamera-flash è consentito sia con flash con piedino d’innesto e
“contatto caldo”, sia con flash a torcia mediante contatto a cavetto;
in tal caso il contatto è posto in posizione anteriore sinistra, in
basso a lato del bocchettone porta ottiche. E' quindi possibile l'uso
del flash di schiarita in qualsiasi condizione, è agevole dosare
l'incidenza del lampo rispetto alla luce ambiente, è possibile far
ricorso a più lampi variamente orientati senza il rischio di trovarci
le immagini esposte a metà
La Mamiya 7 ha tuttavia una marcia in più rispetto alle due tipologie
appena citate; essa è provvista di un eccellente esposimetro TTF (Trought
the finder) la cui misurazione a prevalenza centrale avviene
attraverso la finestrella del telemetro. Da ciò ne deriva una curiosa
particolarità, ovvero; con il grandangolare da 65mm la misurazione
avviene al centro del riquadro luminescente più grande ed è quindi da
considerarsi spot, mentre con il 150mm essa copre quasi tutta l’area
del riquadro più piccolo ed è quindi da considerarsi integrale.
Naturalmente la presenza di tale esposimetro accoppiato fa sì che la
macchina disponga sia dell’esposizione in automatismo a priorità dei
diaframmi sia dell’esposizione manuale.
Purtroppo il mirino mostra solo i valori dei tempi e non il diaframma
impostato; ciò è a mio parere un difetto ma, partendo dal concetto che
la macchina vada in mano a fotografi esperti, tale limite non dovrebbe
gettare nella disperazione.
In buona sostanza potrei affermare che lavorare con una Mamiya 7
consente enormi vantaggi, derivanti dal grande formato disponibile pur
mantenendo dimensioni e peso assolutamente accettabili; con
l’obiettivo “normale” da 80mm la macchina pesa gr. 1.210 contro i 920
del solo corpo.
Se si pensa a due ammiraglie del mondo 35mm quali la Canon EOS1 con i
suoi gr. 945 del solo corpo, oppure la Nikon F5 con ben 1.210 di solo
corpo, il vantaggio è ben evidente.
Come maggior pregio preciso che la Mamiya 7 è completamente avvolta da
una cassa in lega silumin/alluminio a garanzia di massima protezione
senza rinuncia alla leggerezza.
Naturalmente, come tutti i prodotti dell’umano ingegno, anche la
Mamiya 7 ha qualche difetto. Innanzitutto, ed imperdonabile a parer
mio, la mancanza di un tempo meccanico, ovvero la dipendenza assoluta
dall’alimentazione elettrica. Infatti l’otturatore, pur di grandissima
precisione, è elettronico con scatto elettromagnetico.
E’ pur vero che chi va in giro con la Mamiya 7 non è uno sprovveduto e
porta con sé almeno un paio di batterie di riserva; ma il problema si
pone quando si scatta a temperature molto basse. E’ infatti risaputo
che il freddo intenso abbassa di molto la vitalità delle batterie. Se
non fosse per questa limitazione non esiterei a definire la Mamiya 7
come la sorella maggiore della Leica M7 (coincidono anche i numeri …).
Ma ecco il colpo di genio dei progettisti; è disponibile come
accessorio un cavetto di collegamento con un
portabatterie esterno. Si
tiene la batteria al caldo di una tasca e si collega l’altro capo al
vano batterie della macchina. Un uovo di Colombo, semplice ed
efficace!
Ma non è l’unica soluzione geniale per aggirare i limiti di un sistema
a telemetro. Con qualsiasi fotocamera reflex è molto facile l’uso dei
filtri di qualsivoglia tipologia; soprattutto è facile l’uso del
filtro polarizzatore il cui effetto è facilmente controllabile
all’interno del mirino man mano che si ruota il filtro stesso. Ma tale
operazione è virtualmente impossibile con una fotocamera a telemetro
in quanto ciò che vediamo passa attraverso il mirino, mentre il filtro
polarizzatore dovrebbe stare davanti all’obiettivo da ripresa.
Noi di scuola Rolleiflex biottica ben conosciamo l’artifizio con cui
l’ostacolo fu aggirato dalla Franke & Heidecke ma tale soluzione fu,
alla fin fine, facilitata dal fatto che il filtro polarizzatore veniva
comunque installato davanti alla lente di mira ed il suo effetto, così
controllato, riportato poi sulla lente da presa.
Ebbene, la scelta progettuale di Mamiya è altrettanto originale quanto
funzionale;
il filtro è fissato su una struttura mobile con un
movimento a forbice; sul primo braccio della forbice vi è un anello
che la fissa all’innesto filtri dell’obiettivo, mentre sull’altro
braccio è montato il filtro polarizzatore libero di ruotare sul
proprio asse. Il fotografo, fissatl la struttura sull’anello
portafiltri dell’obiettivo, pone dapprima il filtro davanti al mirino
in modo da poter controllare e calibrare l’effetto polarizzante, poi
muove il braccetto e sposta il filtro davanti all’ottica da ripresa
mantenendo la posizione scelta durante l’osservazione. In tal modo
l’effetto polarizzante è misurabile e sicuro. Credetemi, è più facile
da farsi che non da spiegarsi.
Un importante cenno infine all’ultima peculiarità partorita dal genio
dei progettisti: la Mamiya 7 può usare anche la pellicola 35mm e
realizzare 16 immagini inconsuete su un normale caricatore da 36 pose! Ciò
avviene per mezzo di un apposito corredo adattatore costituito da un portacaricatore per il rullino 35mm e dal rocchetto ricevitore uniti
ad un apposito gruppo con manovella di riavvolgimento; vi è infine
l’apposita mascherina per delimitare l’area che dovrà coprire
l’immagine il cui formato finale è mm 24x65! Questa si chiama
“mascherina per formato Panorama” ed la definizione è
adattissima al risultato finale; immaginate un negativo che abbia il
formato 24x65 prodotto dall’ultragrandangolare da 43mm! Si tratterà di
un vero panorama, privo di deformazioni, prodotto dalla parte centrale
dell’obiettivo, ovvero quella da cui normalmente si ricava la massima
qualità.
Per
tutti coloro che volessero approfondire l’argomento consiglio una
visita al sito della Mamiya al seguente indirizzo:
www.mamiya.com .
Roberto
Mirandola
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